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Borges: l'infelicità è una colpa 5/6/2023

Aggiornamento: 11 lug 2023


L’infelicità è il più accanito dei moventi che porta a compiere scelleratezze. A cos’altro possiamo imputare il comportamento di un ragazzo di trent’anni che uccide la sua compagna e con lei il bambino - loro - che portava in grembo? Follia? Certo. Disperazione? Anche. Malvagità? Senza dubbio c’è parte anche di quella. Però queste forze rancorose sono scatenate principalmente da uno stato d’animo: l’infelicità. Infelicità che, sostiene Jorge Luis Borges, è anche una delle principali “colpe” che ognuno di noi deve fronteggiare.

Borges ha raccontato spesso di duelli al coltello dei guappi e di Juan Muraña, capace di viaggiare giorni e giorni per dare una lezione a un insolente che ne aveva messo in discussione il coraggio: «Sfidò l’uomo, lo sistemò con una pugnalata e lo gettò nel Riachuelo». E così costruì la sua nomea che, nel quartiere Palermo, a Buenos Aires, sopravvisse a lungo alla sua morte. Tuttavia Borges ha cantato soprattutto il fascino caduco della vendetta. Muraña infatti è comunque destinato a essere dimenticato: «Adesso è il ricordo di un coltello e domani sarà l’oblio, il comune oblio».

Scolpite nella pietra restano in tal senso le righe conclusive del racconto “La fine” in cui si narra di un tale, un chitarrista nero, che trascorre sette anni nell’attesa di compiere la vendetta contro il più famoso gaucho mai esistito, Martin Fierro, che aveva ucciso suo fratello. «Terminato il suo compito di giustiziere, adesso era nessuno. A dir meglio era l’altro: non aveva un compito nella vita e aveva ucciso un uomo». Dunque condannato all’infelicità. Che Borges incornicia nella poesia “Il rimorso”. «Ho commesso il peggiore dei peccati/ che possa commettere un uomo. Non sono stato/ felice. Che i ghiacciai della dimenticanza/ possano travolgermi e disperdermi, senza pietà./ I miei mi generarono per il gioco/ rischioso e stupendo della vita,/ per la terra, l'acqua, l'aria, il fuoco./ Li frodai. Non fui felice. Realizzata/ non fu la giovane loro volontà. La mia mente/ si applicò alle simmetriche ostinatezze/ dell'arte che intreccia inezie./ Ereditai valore. Non fui valoroso./ Non mi abbandona, mi sta sempre a lato/ l'ombra d'essere stato un disgraziato».

Jorge Luis Borges, “Juan Muraña”, “La fine” e “Il rimorso”, in Tutte le opere. Meridiani Mondadori, 1985.


(L'Adige 5/6/2023)


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