BRUXELLES (feb. 1996) — Non è tutto rose e viole il futuro dei trasporti sullo snodo del Brennero, però a Bruxelles aleggia un cauto ottimismo. Dopo che i politici trentini e l’amministratore delle Ferrovie, Lorenzo Necci, hanno recentemente offerto il loro sostegno economico al potenziamento della ferrovia del Brennero (si parla di una cinquantina di miliardi), anche negli ambienti della Comunità europea, cresce la fiducia.
La linea ferroviaria “alta velocità/trasporto combinato” che dovrebbe collegare Verona a Berlino (passando per Monaco, Norimberga, Erfurt, Lipsia) figura al primo posto nelle 14 priorità individuate nel 1993 dal gruppo di lavoro (Christophersen) incaricato di aiutare la Commissione europea. Il Brennero è così già inserito nelle cosiddette reti transeuropee, il progetto finalizzato a migliorare le comunicazioni fra le aree dell’Unione europea, e visti i febbrili movimenti politici di molti Stati per entrare nelle cartine transeuropee, il solo fatto di esserci dovrebbe essere motivo di soddisfazione.
Nelle reti, che indubbiamente sortiranno notevoli effetti a livello di collegamenti interregionali, la Comunità ha intenzione di investire parecchio. «Per la rete transeuropea, varata a Maastricht, sono stati stanziati circa 400 miliardi di ecu, circa 800 mila miliardi di lire – spiega Paolo Meucci, membro dello staff tecnico della X commissione (trasporti) del Parlamento europeo –. Inoltre più del 60% dei fondi è destinato allo sviluppo della rete ferroviaria, mentre il 20% è per le autostrade ed il rimanente sarà da dividere tra i trasporti marittimi, fluviali e della telematica finalizzata ai trasporti».
Direttamente coinvolti nel potenziamento dell’asse Nord-Sud, dovrebbero essere l’Italia, l’Austria e la Germania; ma il Brennero, vista anche la riottosità della Svizzera in materia di transito e le drammatiche difficoltà di muoversi in Iugoslavia che costringono gran parte dei flussi destinati alla Grecia e all’Albania ad utilizzare il valico alpino, diventa un vero e proprio collo di bottiglia in tutta la prospettiva europea di collegamento verticale. Da qui il forte interesse della Comunità.
Ma allora – ci si chiede in tutto il Trentino Alto Adige – come mai i lavori per il potenziamento della linea del Brennero stentano a partire? «Non si è in grado di formare una promoter company che si assuma le responsabilità dei lavori, così da attingere anche ai finanziamenti europei» – afferma l’europarlamentare trentino Giacomo Santini. Infatti gli investimenti ipotizzati da Provincia e Ferrovie arrivano ad una cinquantina di miliardi, mentre per il potenziamento completo della Verona-Monaco si parla di una spesa complessiva superiore ai 23 mila miliardi di lire. E qui iniziano le note fosche.
Tra quelle che affollano le scrivanie dei politici e dei funzionari “bruxellesi”, vi è un’ipotesi squisitamente geopolitica che si sta facendo largo per spiegare il perché di questi ritardi. La Germania, dopo essere stata tra i promotori dell’asse di collegamento Nord-Sud, oggi sta “raffreddando” i suoi interessi sul tratto del Brennero. E ciò essenzialmente per due motivi. Il più semplice è che, visto che il valico è di fondamentale importanza soprattutto per l’Italia e per l’Austria e che dal 1995 anche l’Austria fa parte della Comunità, dovranno essere loro i due stati che se ne assumeranno i principali oneri. Infatti nel tratto Monaco-Norimberga (che fa parte dello stesso disegno globale, ma è di stretta competenza tedesca) i lavori sono già iniziati.
Il secondo motivo, va ricercato nella posizione strategica che occupa oggi la Germania nella geografia della Comunità europea. Con l’adesione di Svezia e Finlandia, i tedeschi si trovano al centro dell’Europa rispetto all’asse Nord-Sud; mentre sono “periferici” rispetto a quello Est-Ovest. Da qui il loro interesse ad allargare l’azione della Comunità (e la Comunità stessa) verso Est in modo tale da potersi trovare in una posizione centrale in relazione a tutte le coordinate. Lo spostamento dell’interesse germanico verso est è percepibile anche nell’analisi dei loro stanziamenti interni nel campo dei trasporti: il piano, redatto nel 1992, prevede l’utilizzo di 538,8 miliardi di marchi (circa 540 mila miliardi di lire) fino al 2012, ed il 40% sarà destinato ai nuovi Länder dell’est (che occupano meno di un terzo della superficie tedesca). Inoltre, a livello comunitario, il trend verso est è ormai palpabile: si pensi soltanto alle raccomandazioni di procedere ad ulteriori lavori sulle linee “Berlino-Varsavia-Minsk-Mosca” (ferrovia e strada); “Dresda-Praga” (ferrovia e strada); “Norimberga-Praga” (strada); Helsinki-San Pietroburgo-Mosca (ferrovia e strada) Trieste-Lubiana-Budapest-Kiev (ferrovie e strada) ed inoltre un collegamento permanente attraverso il Danubio tra Bulgaria e Romania.
In questi termini, sembra alquanto improbabile che in una promoter company (aperta ad operatori pubblici e privati, in collegamento con la Commissione, la Banca europea degli investimenti ed il Fondo europeo per gli investimenti) per il potenziamento della ferrovia del Brennero possano entrare anche i tedeschi. «Purtroppo non è uno scenario da scartare» – conferma l’europarlamentare Santini. Però, vista l’importanza della posta in palio (le statistiche dicono che nel 1994 siano transitati più di 27 milioni di tonnellate di merce dal Brennero), a Bruxelles non si perde la fiducia: secondo la scaletta presentata al Consiglio europeo di Corfù nel primo semestre del 1994, i lavori dovrebbero partire entro quest’anno.
Maurilio Barozzi
(L'Adige, 17/02/1996)
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