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Immagine del redattoreMaurilio Barozzi

Il Var e il rigore più lungo del mondo - 14/2/2022

Aggiornamento: 11 lug 2023



Pensare con i piedi

Da qualche tempo, il mondo del calcio è in subbuglio, disorientato dalle nuove tecnologie. L'idea che, per un rigore, passi qualche minuto tra il fischio dell'arbitro e il momento dell'esecuzione appare paradossale, surreale, per taluni insostenibile.

Che direbbero dunque costoro di ciò che accadde nel 1958, nella Valle del Río Negro, in Argentina? Si fronteggiavano i pluricampioni del Deportivo Belgrano e i derelitti dell'Estrella Polar, una squadretta che terminava il torneo del paese sempre dopo il decimo posto. Quell'anno però, a suon di striminziti 1-0, l'Estrella Polar era riuscita ad arrivare all'ultima partita del torneo al secondo posto, a un solo punto di distacco dal Belgrano. Lo scontro diretto aveva richiamato gente dai paesi di tutta la zona. Tutto accadde quando, al quarantunesimo del secondo tempo, l'Estrella Polar si portò a sorpresa in vantaggio. Non si poteva credere, e così l'arbitro, succube ai potenti, a un minuto dalla fine assegnò ai campionissimi del Belgrano un rigore inesistente. Quel fischio inventato provocò una gigantesca rissa che perdurò fino all'imbrunire (forse il Var avrebbe risolto un po' prima la situazione, chissà) e il commissario di gara dovette sospendere l'incontro: il rigore si sarebbe tirato la domenica successiva.

Per una settimana, in tutti i bar del Rio Negro non si parlò che della sfida tra il rigorista Constante Gauna e il portiere, un quarantenne male in arnese coi capelli da indio, bianchi, ma un nome da leggenda: el Gato Díaz. «Constante li tira a destra» disse Gato a quelli che giocavano a carte. «Sempre» certificò uno. «Ma lui sa che io so» cominciò a dubitare Gato. «Allora siamo fottuti» ribatté l'altro. «Sì, ma io so che lui sa». «Allora buttati subito a sinistra» disse un altro. «No. Lui sa che io so che lui sa» concluse el Gato. Poi andò a dormire, pensando alla bionda Ferreira, di cui era innamorato e che gli aveva promesso di lasciarsi baciare se avesse parato il rigore, domenica.

Come dici? Se lo ha parato? Eh no, stavolta il finale non lo racconto. Altrimenti era meglio usare il Var e bell'e finita, senza andare avanti a chiacchiere per una settimana. E Osvaldo Soriano, autore del racconto, dall'aldilà non me lo perdonerebbe mai.

Osvaldo Soriano, “Pensare con i piedi”, Einaudi, 1995.

(L'Adige 14/2/2022)





Maurilio Barozzi

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