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Il primo scudetto della Trentino volley (7/5/2008)

Aggiornamento: 16 ago 2023



TRENTO - Una volta in vita è anche giusto farlo, altroché. Intendo: saltare sul carro di chi vince, senza tanto stare a fare questioni di lana caprina. Tanto che, per comprare il biglietto di questa gara tre della finale scudetto, qualcuno ha perso qualche bella ora di sonno. E bravo: aveva capito che stavolta il carro stava arrivando in un posto che all’inizio dell’anno forse nessuno osava nemmeno immaginare (specie dopo la legnata a Cuneo, la prima giornata). Ma ci è arrivato: tre a zero a Piacenza nella finalissima e titolo tricolore. Il primo della storia per la società trentina.


Così, alla fine della partita, tutti in campo. Autografi a gogo, facce dipinte, magliette, striscioni, gente che balla, che bacia i giocatori, chiede magliette, Birarelli in mutande, Nikolov con la bandiera tricolore sulle spalle, Kaziyski che morde la medaglia del titolo... Insomma, le classiche immagini da apoteosi, che però a Trento non si erano mai vissute. Hai detto niente... Qualcuno a fine partita ha pure il coraggio di chiosare: meglio aver perso gara due a Piacenza, perché la festa è a Trento. Bella furbizia, dirlo adesso. Sportivamente parlando, dopo l’"affronto" subito in gara due a Piacenza, i trentini hanno il dente avvelenato. Rabbia. Nervosismo. Tensione. Che sembrava contagiare anche lo speaker o il cd, o solo Dio sa chi: prima che il match cominci, sull’inno nazionale, s’incanta il disco, come si diceva una volta. Beppe Cormio, il general manager, incenerisce l'addetto con uno sguardo funereo, bianco, teso. E in campo, iniziata la sfida, le cose non sembrano andare meglio: Piacenza prende il largo e Trento sembra arrancare. Tra gli spettatori qualcuno rivede i fantasmi di gara due, a Piacenza, e pensa che era meglio restarsene a casa, andare a donne o bersi una bella birra fresca al bar. Bella fesseria. I trentini ripartono. Con la pazienza dei forti. Fantasia e potenza. E la determinazione di un team affamato. Nikolov tira due super battute e riporta l’Itas sotto (9-10). Mentre dall’altra parte gli automatismi vanno a pallino. Il regista degli emiliani Meoni, così lucido a Piacenza, smarrisce la bussola e dimentica completamente di servire l’opposto. Trento ringrazia e così evita di spostare il muro verso di lui. Poi arriva il punto che racconta la voglia di vincere questa partita che Trento aveva. Una di quelle azioni che mentre la guardi strabuzzi gli occhi e contemporaneamente la bocca ti si apre.

Allora. Nel secondo set, sul 13-10, nel campo di Trento da Simeonov arriva una sventola di servizio che avrebbe stordito un mulo. Un tiro che finisce nell’altro campo nel giro di mezzo secondo netto. Neanche il tempo di vederla, per capirci. Ricezione sbagliata di Kaziyski che sta finendo in tribuna e i tifosi di Piacenza, un paio di centinaia, cominciano già a gridare. Winiarski però non molla. Parte e svelto come un gatto si precipita verso la panchina e di piede, in rovesciata, rimette in mezzo. Palla dall’altra parte. Piacenza ricostruisce e Zlatanov schiaccia. Ma ancora il muro di Trento “sporca” il colpo; alzata per Kaziyski e pipe vincente: 14-10. E quando porti a casa punti del genere sei pronto per vincere. Velocità, pazienza, potenza, astuzia. C’è tutto.

Così ai trentini basta andare avanti fino alla fine.

Con un palazzetto che sembra esplodere a ogni punto dei trentini, mister Stoytchev tiene a bada l’esuberanza dei suoi e alla fine può alzare la bandiera con il presidente Mosna e il dg Cormio. Una nuova pagina per la storia di Trento.


Signori, champagne. Maurilio Barozzi.  L’Adige, 8 maggio 2008

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