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Valverde, iridato a 38 anni (1/10/2018)

Aggiornamento: 16 ago 2023


INNSBRUCK – Alla fine, a 38 anni suonati, lo spagnolo Alejandro Valverde ce l'ha fatta a vincere il Campionato mondiale di ciclismo. In una Innsbruck che traboccava di azzurro tanti erano gli italiani presenti e su un percorso che definire duro è un eufemismo (265 km con 4670 metri di dislivello), Valverde ha mantenuto le aspettative e, da favorito, è andato a vincere la prova in una volata ristretta  davanti al francese Romain Bardet e al canadese Michael Woods. Niente da fare per gli italiani che comunque, grazie al leone trentino Gianni Moscon, si sono battuti fino all'ultimo. Il quinto posto finale conquistato dal «trattore di Livo» ne è la fulgida testimonianza. Tra loro, quarto, l'olandese Tom Dumoulin, autore di un prodigioso quanto inutile recupero nella discesa finale.

Come era prevedibile, la corsa si è decisa nell'ultima, terribile salita. Lì Valverde, Bardet e Woods sono riusciti ad avvantaggiarsi su Moscon che si è piantato proprio negli ultimi metri, e Dumoulin. Il finale è stato tutto per loro tre con Dumoulin dietro, stremato.



Dalle prime battute si portano al comando undici uomini: Michael Kukrle (Repubblica Ceca), Laurent Didier (Lussemburgo), Jacques Janse Van Rensburg (Sudafrica), Ilia Koshevoy (Bielorussia), Vegard Stake Laengen (Norvegia), Ryan Mullen e Conor Dunne (Irlanda), Daniil Fominykh (Kazakistan), Kasper Asgreen (Danimarca), Rob Britton (Canada) e Tobias Ludvigsson (Svezia).

Il gruppetto va via bene e dietro il gruppo se la prende comoda come le centinaia di turisti pascolanti tra i chioschetti che vendono patate e wurstel o i ristorantini del centro. Dopo un centinaio di chilometri il plotone si trova ad avere 20 minuti di ritardo sugli undici fuggitivi. Poi il gruppo si sveglia: al secondo passaggio nel circuito di Innsbruck, sulla Rennweg a pochi passi dal Duomo, il vantaggio scende a 16'22” e, quando mancano 120 km all'arrivo, siamo attorno ai 14' che in un baleno diventano 13, mentre il lussemburghese Didier si stacca in salita.

Ed è proprio la salita di Igls, 7,9 km con una pendenza media del 5,7%, ad incattivire il circuito che va percorso per sette volte prima del terribile strappo finale sullo Höttinger Höll. Uno strappo che Moscon – lì di casa - aveva definito «durissimo e bugiardo perché all'inizio sembra facile ma poi le rampe sono tremende: se ti pianti, viste anche la strada stretta, non riparti». Purtroppo è stato profetico.

Tornando alla corsa, le strategie, per quanto riguarda i favoriti, tutti nel gruppone, sono chiare: a tirare sono i francesi e l'Italia rimane coperta, in blocco. Del resto lo stato di forma degli azzurri in partenza non sembra dei più floridi: Nibali arriva da una caduta al Tour de France con conseguenti 18 giorni di stop tra luglio e agosto. L'unico che ha dimostrato di avere gamba è proprio Moscon e forse anche Domenico Pozzovivo. Ma entrambi non hanno molta esperienza in questa corsa: Moscon ha 24 anni mentre Pozzovivo non ha mai corso un Mondiale. Come ha detto in mattinata Cassani: «Abbiamo un ottimo centrocampo, ci manca il goleador».

Il forcing dei francesi dietro ai fuggitivi produce comunque risultati immediati. Uno negativo, con il loro Warren Barguil che cade e deve ritirarsi. Uno invece positivo, per la loro strategia: a 95 km dal termine il vantaggio dei fuggiaschi cala ben sotto i nove minuti. E non solo: Peter Sagan, vincitore degli ultimi tre Mondiali, che si stacca e poi si ritira.

Un altro dei favoriti esce di scena a circa 65 km dall'arrivo. Appena scollinato l'Igls per la quinta volta, in discesa lo sloveno Primoz Roglic scivola e rompe la bicicletta. Nell'attesa di quella di riserva perde molto tempo, compromettendo la sua prova pur riuscendo a rientrare.

Anche gli azzurri allora rompono gli indugi: Damiano Caruso s'invola e con lui il belga Greg Van Avermaet, lo spagnolo Omar Freile e il ceco Karel Hnik prendono un vantaggio di una trentina di secondi sul gruppo tirato dalla Gran Bretagna.

Davanti la fuga si dissolve. Restano in due: Laengen e Asgreen ma il vantaggio cala a 3'20” ai piedi della penultima ascesa all'Igls. E proprio questa tornata, il quinto passaggio, comincia a fare vittime in serie: crollano Daniel Martin, Ilnur Zakarin, Wout Pouls e Michal Kwiatkowski.

Ormai si dà fondo alle ultime energie e l'ultimo giro è devastante. Prima è l'Igls a stendere Bob Jungels, Van Avermaet e Nibali, facendo anche riassorbire gli ultimi fuggitivi di giornata. Poi, dopo uno scatto del danese Michael Valgren Andersen, la salitona dell'inferno, l'Höttinger Höll, stabilisce le gerarchie e chi correrà per la medaglia. Sono in quattro a battagliare sulle rampe: Valverde, Bardet, Woods e un gladiatorio Moscon, con Dumoulin che sale a zig zag per non mettere il piede a terra. A pochi metri dalla vetta, però, Moscon si pianta e il terzetto s'invola. Anche Dumulin supera il trentino e si getta a capofitto nell'ultima discesa. A un chilometro dall'arrivo l'olandese riesce a raggiungere il trio. Non serve: Valverde imposta la volata e per gli altri non c'è nulla da fare.


(l’Adige 1 ottobre 2018)

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