In palestra
Noi malati di sport desideriamo conoscere da vicino il campione. Aneliamo a diventargli intimi per sapere cosa si prova ad essere bello e osannato. Bramiamo informazioni su come ha fatto per diventare il migliore. Spesso invidiosi, adoriamo anche ficcare il naso nei suoi fatti personali, sperando di smascherarne magari qualche lato oscuro che ce lo avvicini. Per provare a farmi un’idea, per grattare la patina da copertina che – durante la partita, l’evento, lo show - fa brillare la maglia di gioco e i muscoli ben oliati dei giocatori, ho avvicinato la squadra di pallavolo di Trento: l’Itas Trentino Volley. E l’ho fatto quando gli atleti si preparano, al sicuro, lontano dai riflettori degli eventi ufficiali. Roland Barthes ha scritto che «il vero luogo epico non è il combattimento, ma la tenda, la soglia pubblica in cui il guerriero elabora le sue intenzioni, da cui lancia ingiurie, sfide, confidenze». Proprio per questo sono andato nella tenda dell'Itas. Che nel caso non è una tenda, ma il palazzetto dello sport dove la squadra trascorre diverse ore ogni giorno e dove, durante l’allenamento, si affilano le armi in vista della battaglia. È venerdì 28 marzo 2008. L’Itas ha perso un paio di giorni fa la terzultima partita di regular season della Serie A di volley ma mantiene la testa della classifica e sta già cominciando a pensare ai playoff Scudetto. Alle nove e mezza in punto, l’allenatore Radostin Stoytchev detto Rado chiama a raccolta i suoi atleti al centro del campo. Interroga per nome uno a uno i ragazzi chiedendo se si sentono bene. Dopo che ognuno ha spiegato per sommi capi la sua condizione fisica, il gruppo si stringe in un abbraccio. Cacciano tutti un urlo augurale, rituale tipico della pallavolo, e via: si comincia. [...]
"Muro Dolomitico - Trento capitale mondiale del volley Ritratti di protagonisti, storie di uomini"
(Ed. Curcu Genovese) da aprile in libreria e online (http://www.curcugenovese.it/index.php/muro-dolomitico.html)
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