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A Pamplona per correre con i tori (7/7/2025 - l'Adige)

  • Immagine del redattore: Maurilio Barozzi
    Maurilio Barozzi
  • 7 lug
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 17 lug

Pamplona è una città del Nord della Spagna che è stata importante teatro di storia eppure oggi è conosciuta soprattutto per le folli feste di San Firmin, rese famose dal romanzo "Fiesta" di Ernest Hemingway.


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Maurilio Barozzi - Le Città nei libri/15


«La fiesta esplose a mezzogiorno di domenica 6 luglio (…). La gente affluiva da ogni direzione, e dal fondo della strada udimmo avvicinarsi le zampogne, i pifferi e i tamburi. Suonavano musica riau-riau, i pifferi con suoni acuti e i tamburi con suoni sordi, e dietro di loro venivano uomini e ragazzi che ballavano. Quando i pifferai s’interrompevano, s’accovacciavano tutti per terra, e quando sibilavano le zampogne e i pifferi e i piatti, duri, cavi tamburi riprendevano a rullare, schizzavano tutti a mezz’aria ballando». Così, nel 1926, Ernest Hemingway descrisse l’inizio dei nove giorni di follia (dal 6 al 14 luglio) di Pamplona durante le feste di San Firmino. Proprio da allora, dalla pubblicazione di “Fiesta”, i sanfermines sono diventati il vero richiamo turistico planetario del capoluogo della Navarra. Tanto che oggi in quei giorni molti degli abitanti chiudono baracca e migrano in altri lidi: troppa gente, troppi rincari, troppo caos. Lo stesso Hemingway, nel 1923, aveva annotato in un articolo per il Toronto star come i prezzi degli alberghi a San Firmin raddoppiassero la loro diaria: «La padrona (…) ci disse, in poco francese e molto basco ispanizzato, che le occorreva fare per l’anno seguente tutti i quattrini che poteva nei prossimi dieci giorni».

In realtà, la nomea degli esercenti pamplonesi era già stata minata dallo scritto “La legenda aurea”, ricordato da Jacques Le Goff: «Verso l’anno del Signore 1100, un francese si recava a Santiago di Compostella con la moglie e i figli (…). Nella città di Pamplona sua moglie morì e l’oste lo spogliò di tutto il suo denaro, togliendogli persino la giumenta sul dorso della quale aveva portato fin là i suoi figli».

Tappa del Cammino per Santiago de Compostela, Pamplona fu una delle città baluardo della cristianità ai tempi de los reyes católicos.

Prima ancora, nel 778, Carlomagno vi si fermò per pianificare l’offensiva completando la conquista del nord della Spagna. «Indotto dall'emiro di Saragozza, Carlo attraversò i Pirenei e giunse senza incontrare resistenza fino a Pamplona, ove fu accolto con grande entusiasmo», rievoca Camillo Guerrieri Crocetti. A Roncisvalle, pochi chilometri a nord est di Pamplona, Orlando «fu battuto dai baschi, nella foresta di lance fiorite, in cui 53.066 ragazze armate rimpiazzarono i soldati caduti di Carlo Magno», romanza Cees Nooteboom, e tale sconfitta divenne una delle più note della letteratura grazie alla sua rielaborazione epica nella Chanson de Roland. «Il conte Orlando con pena e con affanno,/ con gran dolore or suona l’olifante,/ Fuor dalla bocca gli sgorga il sangue chiaro,/ e al suo cervello la tempia ecco si schianta./ L’eco del corno che suona va lontano…».

Sita al confine con la Francia, nel medioevo la città e la sua regione hanno dovuto fare i conti con l’ingerenza carolingia tanto da far scrivere a Dante «…e beata Navarra,/ se s’armasse del monte che la fascia», (Paradiso cap. XIX, vv143-144). Versi ripresi molti anni dopo dal poeta spagnolo Machado, che parlò «di quei neri querceti/ del confine aragonese/ e le creste militari/ della terra di Pamplona».

Insomma, Pamplona gronda di storia e ha pure un paio di chiese di rilevante impatto artistico - la cattedrale gotica e San Nicolas - oltre alla barocca Casa Consistorial (municipio). Eppure oggi in pochi la conoscono per la storia. Qualcuno l’ha visitata sul Cammino per Santiago de Compostela. Qualcun altro ne identifica il valore nelle lotte autonomiste basche o magari inorridisce alla pervasiva longa manus dell’Opus Dei che lì controlla la maggioranza delle espressioni economiche e culturali, Università compresa. In compenso tutti conoscono i sanfermines, resi immortali da Hemingway in “Fiesta”. Dapprima, lo scrittore americano «aveva cominciato a diramare sempre più entusiastici agli amici, così aveva attirato a Pamplona William Bird e Robert McAlmond e anche John Dos Passos e Don Steward: li aveva incuriositi con i suoi discorsi sul coraggio dei toreri e con la promessa di metterli alla prova nelle corride per dilettanti che si tenevano ogni mattina», scrive nei “Diari” Fernanda Pivano. Da allora, furono in molti a seguirne le orme. «Con il passare degli anni divenni un vero fanatico della festa di Pamplona dedicata a san Firmino, santo che aveva compiuto qualche azione degna della beatificazione che però non ricordava nessuno. Il giorno a lui dedicato è un giorno particolarmente fortunato: il settimo giorno del settimo mese e ha dato l’occasione per fare una grande feria», conferma James Michener, e così rispolverò come nel 1591 la festa del patrono e la fiera taurina furono riunite nelle medesime date, condensando sacro e profano in una mescola di processioni tra santi e corse di tori. Lo stesso Michener confessò come «a quasi sessant’anni decisi di non essere più solo uno spettatore passivo ma correre io stesso» l’encierro mattutino.

Proprio l’encierro - letteralmente l’atto di rinchiudere (i tori) - è divenuto il denotante della festa di Pamplona con le migliaia di spavaldi che accompagnano di corsa sei tori e svariati manzi a spasso per le strade cittadine per radunarli infine alla plaza de toros: 848,6 metri di cui i giornali spagnoli, giorno per giorno, raccontano ogni dettaglio: nome dei tori, tempo di corsa, media oraria, temperatura, numero di feriti e di ricoverati… Cuesta Santo Domingo, curva de Mercaderes e calle Estafeta da anonime vie lastricate di pietra arroventata dal sole estivo, durante i sanfermines si gonfiano fino a esplodere di aficionados pronti alla corsa che, in origine dettata dalla necessità di condurre i tori dalle porte della città fino all’arena per la corrida del pomeriggio, oggi è assurta a topos mitologico. Innalzata fin lì dalle pagine di un libro.


(Maurilio Barozzi, L’Adige 7/7/2025)


La pagina del quotidiano l'Adige
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