SANTIAGO DE COMPOSTELA (Spagna) – Però è strano. Tu credi che la gente venga a Santiago de Compostela in pellegrinaggio a caccia di indulgenze e invece su quel tragitto che attraversa la Spagna dalla Francia all'Oceano Atlantico ci trovi persone di ogni genere. Se poi il tratto che da Jaca (nella regione aragonese) porta a Santiago (in Galizia) lo percorri in bici, allora questo viaggio – anziché un pellegrinaggio – diventa un raid. Su strade semideserte e interminabili pedali per 850 chilometri con tre passi da scalare, Pedraja, Manjarin e Puerto El Poyo, e un altipiano da attraversare che pare dimenticato dalla civiltà.
In questa terra conosci il lato selvaggio della Spagna del nord. Non ci vuole molto: già dalle prime pedalate, la voglia di solitudine e di avventura che ti aveva stimolato a partire, viene messa alla prova.
Quando da Jaca cominci a vedere Berdun, il vento che ti soffia in faccia fortissimo e le biciclette stracariche, ti fanno desiderare di tornare indietro. Eppure sono passati solo una ventina di chilometri.
Poi t'innamori.
Berdun è un villaggio di origine medievale sospeso in cielo. Ti guardi intorno e sei fuori dal mondo. Tutto l'ambiente ha un colore strano, è cupo. Intenso. La terra assume i toni dei tufi vulcanici ed il paesaggio diventa lunare. Riparti in bici e per qualche ora pedali sulla luna.
Solo Escò e Tiermas, due villaggi abbandonati, ricordano la presenza di tracce umane, rompendo la predominanza cobaltica che caratterizza la zona. Ed anche il presentarsi del laghetto di Yesa, spuntando quasi all'improvviso dalle sabbie scure del deserto, al primo impatto ricorda più la regolite lunare che non un bacino artificialmente creato dalle acque del fiume Aragon. Poi, lentamente, pedalata su pedalata, il lago assume delle sembianze più terrestri e la diga che lo delimita all'estremità occidentale testimonia chiaramente l'opera dell'uomo. Non è un sogno. Sei ancora sulla terra. Epperò, prima di trovare un paese vero e proprio si devono percorrere ancora alcuni chilometri.
E' l'inizio mozzafiato di un viaggio che riserva sorprese, molti cambiamenti di scenario e di paesaggio, e che garantisce incontri sorprendenti.
Solo nelle poche grandi città che incontri percorrendo il Camino de Santiago (Logroño, Burgos, Leon) puoi ricordare di essere alle porte del Duemila; se non ci fossero penseresti di aver fatto un viaggio nel tempo, a ritroso, di una cinquantina d'anni. Nei villaggi, il passaggio in bici, reso ancor più lento dal sovraccarico del bagaglio, ti fa respirare un odore acre. La mancanza di asfalto, i cani in libertà ed i loro escrementi disseminati dappertutto, le pochissime persone (spesso bisogna proseguire «fino al prossimo paese» anche per trovare un negozio di alimentari) ricordano una società rurale per noi vecchia di almeno cinquant'anni, conosciuta solo attraverso la cinematografia neorealista.
Le deserte pianure color paglia della Castilla Y Leon, le sterminate strade senza traffico, i su e giù continui che con la bici non finiscono mai – soprattutto i «su» – ti chiariscono un'idea: in questi posti l'uomo è solo di passaggio. Non si ferma. E infatti questa è una delle zone più povere e meno densamente popolate d'Europa. Poco convincono le scritte «Tierra comunera», «Leon solo» oppure «Provincia gallega» che, rispettivamente nella provincia di Burgos, di Leon e nella regione autonoma della Galizia, fanno talvolta capolino su qualche casa sperduta in mezzo a decine e decine di chilometri disabitati. Anche se nell'intenzione di chi le ha scritte avrebbero un significato indipendentista, esse possono tutt'al più indurre curiosità nel passante, piuttosto che ricevere credito politico: come è possibile – ti chiedi – che province così povere vogliano rendersi indipendenti?
Nell'attraversare il nord della Spagna da est ad ovest vedi il paesaggio mutare molte volte: dalla luna della Navarra si passa alle brulle piane della Castiglia, fino ad arrivare alla lussureggiante Galizia, dove piove quasi tutti i giorni.
Ciò che non cambia sono gli abitati. Surreali.
Dal nulla compaiono delle case, disposte in modo disordinato attorno ad una immancabile chiesa. Già, perché qui si può trovare una chiesa o un monastero senza paese; mai un paese senza la chiesa. E' l'eredità di una storia che ha visto proprio questa parte della Spagna fare da roccaforte alla popolazione cristiana dall'anno 700 al 1500, durante l'invasione degli Arabi.
La storia diventa una compagna di strada onnipresente, per chiunque percorra il Camino. Burgos è la città del Cid Campeador, i regni di Leon, di Castiglia, di Aragona e di Navarra furono i bastioni contro l'avanzata dei Musulmani a cavallo del millennio, ma soprattutto Santiago de Compostela custodisce le spoglie del predicatore cristiano S. Giacomo e per questo nel basso medioevo il pellegrinaggio univa assieme l'avventura della spedizione militare con una forte aspirazione religiosa: Santiago de Compostela era seconda solo a Roma nella concessione delle indulgenze. Attorno al 1139 fu addirittura composta una Guida del Pellegrino. Ma ancora adesso, se si arriva a Santiago il 25 luglio e questi cade di domenica, si può godere dei favori del giubileo e avere rimessi i peccati.
Così, anche oggi, è proprio il pellegrino il turista che percorre l'entroterra a nord della Spagna. E se lo fa su delle biciclette stracariche viene subito inquadrato. «Santiago de Compostela?» – grida una bimbetta accompagnata per mano dalla madre, mentre percorriamo velocemente la discesa che precede Portomarin, ormai già in Galizia. Basta un cenno di conferma con la testa perché la piccola lanci la sua benedizione: «Vaya con Dios».
La religione costituisce il punto di contatto (reale o presunto) tra gli abitanti del luogo e chi si trova a transitare in direzione Santiago de Compostela. «Se avete tempo, quando arrivate a Santiago, pregate anche per i miei morti» – chiede Annibale, un italiano emigrato a Jaca per aprire una piccola rosticceria, mentre ci incarta delle lattine di aranciata. E questa esortazione costituisce anche il conto delle bibite: basta dedicargli una preghiera. Ci troviamo in enorme difficoltà nello spiegargli che non siamo credenti; ma a lui non importa, «anch'io lo sono a modo mio» – dice. Da tutti arriva un segno di amicizia. Una parola, un saluto.
Alla religione si mischiano poi le leggende. Tutto, qui, è permeato di miti. «A Santo Domingo della Calzada cantò la gallina già cucinata», recita il più famoso. E' la storia di un giovane che – in cammino con la famiglia per Santiago – rifiutò i favori di una ragazza che gli si era offerta. Quella, per vendicarsi, nascose nei bagagli del pellegrino una coppa d'argento e lo accusò di furto. Il giudice lo fece così impiccare. I genitori proseguirono ugualmente il cammino e visitarono la tomba di S. Giacomo. Al ritorno, passando di nuovo per Santo Domingo de la Calzada, davanti al patibolo, scoprirono che il figlio era ancora vivo. Corsero allora ad avvertire il giudice che stava mangiando un pollo arrostito. «Ci crederò e lo libererò solo se anche il pollo che sto mangiando comincerà a cantare». Naturalmente il pollo cantò.
Su questo sfondo mitico e suggestivo, ci sono gli altri pellegrini, incontrati nei monasteri o negli ostelli che riservano accoglienza a chi effettua il pellegrinaggio a piedi, in bicicletta oppure a cavallo. Ma non esiste "la" tipologia del pellegrino.
C'è Carlos, un solitario che trascorre da anni le sue ferie percorrendo a piedi dei tratti del Camino. «Il primo anno – spiega – sono andato da Roncisvalle a Santo Domingo della Calzada. Il secondo sono arrivato fino ad Astorga, e quest'anno giungerò fino a Cebreiro, nei pressi di Villafranca del Bierzo. Così il prossimo anno dovrei vedere Santiago de Compostela e poi andrò fino a Capo Finisterre, sull'oceano Atlantico». La leggenda vuole che proprio là termini la cosiddetta Via Lattea: il fascio di luce di una stella aveva indicato all'eremita Pelagio il luogo in cui era sepolto il corpo di S. Giacomo e la stella sarebbe sparita a Capo Finisterre. Da allora i numerosi pellegrini che si recavano a far visita alla tomba del santo, per testimoniare il pellegrinaggio, proseguivano fino a Capo Finisterre e raccoglievano una capasanta, la concha simbolo del Camino.
Sulla strada, si trova poi qualche miracolato, che ogni anno riesce ad inventarsi un pellegrinaggio sempre più impegnativo.
A Sangüesa, in Navarra, Mariano – un uomo di Madrid, sulla sessantina, operato da un cancro all'esofago – per ringraziare Dio si stava recando a piedi fino a Santiago dopo essere partito da Lourdes. E l'anno prossimo ha già in programma di fare il tragitto Santiago de Compostela–Roma. E' una ragione di vita, uno stimolo a porsi traguardi mistici sempre più ambiziosi.
Tra questi estremi, vi sono anche persone qualsiasi, che interpretano il pellegrinaggio solamente come una vacanza dal profondo significato storico–culturale. «Siamo un gruppo di amici e tutti gli anni, prima di cominciare la scuola, facciamo il pellegrinaggio in bici – racconta Xavier, un ragazzo di Logroño –. Poi, arrivati a Santiago de Compostela, ci facciamo spedire la bicicletta a casa e noi ritorniamo in treno. Ci mettiamo sei giorni, e spendiamo pochissimo».
Visto il notevole flusso di pellegrini–turisti, nel 1988 il Camino è stato proclamato dal Consiglio d'Europa 'Primo itinerario europeo' e la strada è stata tutta segnata da una conchiglia (la Concha) con la scritta «Camino de Santiago – Itinerario cultural europeo».
Per gran parte di questi turisti il pellegrinaggio è un momento mistico, ma per altri significa evasione, un'occasione culturale e sportiva. Incarna il desiderio di una vacanza alternativa, di un viaggio avventuroso, una lunga pedalata senza nessuna certezza. Nemmeno quella di trovare un posto per dormire o una tienda alimentar.
(Pubblicato su Cicloturismo e L'Adige )
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