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Il lupo più malvagio... non era un lupo - 24/1/2022

Aggiornamento: 11 lug 2023



Uno dei lupi più malvagi che la letteratura abbia raccontato è “Bâtard” (1902), di Jack London. E la cosa singolare è che non era nemmeno un lupo, ma un cane, figlio di un lupo e di una husky. Dettaglio non da poco poiché la vicenda ci mostra come la sua crudeltà sia cresciuta giorno dopo giorno a causa della vicinanza con il suo padrone: quel demonio di Black Leclère, detto il francese.

Ai tempi della corsa all'oro, nelle Terre del Nord, tra l'uomo e il lupo-cane la scintilla demoniaca scoccò da subito. Leclère insinuò le sue manacce tra la figliata e lo sollevò per la strozza. Il cucciolo, cercando di difendersi dall'incursione, lo morse. Cominciò così una perenne sfida di sangue che Leclère sancì battezzando il lupo-cane Bâtard, Bastardo.

Nella sua crudeltà, il francese fece pure di tutto perché il lupo-cane non morisse. «Lo devo prima piegare» diceva. E ci provava a suon di frustate, bastonate e cattiverie, come quella di imporgli l'ascolto della musica una volta capito che «gli dava un acuto senso di angoscia, martoriando ogni suo nervo». Così si metteva a suonare l'armonica fino a quando l'animale perdeva il controllo: «strabuzzando gli occhi, le narici dilatate, i peli ritti dalla rabbia impotente, cacciava il lungo ululato del lupo», un boato straziante, «il cuore sul punto di scoppiare; e quel senso di dolore e d'infelicità infiniti che scendeva, scemava, si scioglieva per smorzarsi piano piano». In quei momenti, mentre il lupo-cane soffriva, Leclère provava il massimo piacere.

Poi l'epilogo, tragico quanto ironico. Il francese viene condannato all'impiccagione dai cercatori d'oro di Sunrise per un omicidio che dice di non aver commesso. Nessuno gli crede ma, mentre il farabutto è già di fronte al boia, giunge la notizia che in effetti l'assassino non è Leclére. Tutti gli avventurieri partono alla caccia del vero colpevole lasciando il francese legato, in piedi su una cassetta e col cappio al collo. «Ti liberiamo al ritorno. Intanto medita sulle tue malefatte e sulla via della provvidenza» gli dice il caporione.

Invece lì, con lui, resta Bâtard. Memore di anni di frustate e musica, il lupo-cane si butta alla carica con tutto il suo peso contro la cassetta che sostiene il francese. Al loro ritorno, i cercatori d'oro trovano Leclére penzolante con le fauci di Bâtard serrate al suo polpaccio.

Jack London, “Le mille e una morte”, Adelphi 2006.

(24/1/2022)





Maurilio Barozzi

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