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Imparare a osservare da Calvino 31/7/2023

Aggiornamento: 24 ott 2023


Mucche a riposo sulla spiaggia di Goa

C’è voluta l’esortazione del Presidente della repubblica Mattarella - forse - per far sì che il dibattito sul mutamento climatico non scivoli nella più becera banalità. Per apparire simpatici - o semplicemente perché le loro capacità percettive sono alquanto limitate - alcuni conduttori televisivi si sono recentemente imbarcati su tale tema cruciale sfoggiando argomenti da far impallidire Sancho Panza. «A luglio ha sempre fatto caldo», ha spiegato un tizio dal pulpito di una televisione nazionale. E, per dar sostanza a tale ovvietà, ha chiamato a sostegno un vecchio direttore di giornale - ormai ottuagenario - che non mancava di confermare.

Tale presunta leggerezza sconfina nella frivolezza o rozza superficialità di chi non coglie la portata di quanto dibatte.

«La leggerezza per me si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l’abbandono al caso», scrive Italo Calvino nelle sue “Lezioni americane”. Infatti la raffinatezza del ragionamento non sta nell’individuare il manicheismo di un bianco o un nero - che tutti distinguono, così come tutti sanno che a luglio qui ha sempre fatto caldo -, quanto nel cogliere le sfumature, nella capacità di misurare il gradiente, nell’osservare con esattezza i dettagli.

Tutti gli scritti di Calvino hanno un profondo debito con l’osservazione approfondita, tuttavia uno - Palomar - ne rappresenta addirittura il trionfo. Nel capitolo Luna di pomeriggio, il signor Palomar assume su di sé il miracolo della poesia leopardiana (“Che fai tu, luna, in ciel?”) per vivisezionarne ogni aspetto visibile. Inizia così: «La luna di pomeriggio nessuno la guarda, ed è quello il momento in cui avrebbe più bisogno del nostro interessamento, dato che la sua esistenza è ancora in forse. È un’ombra biancastra che affiora dall’azzurro intenso del cielo, carico di luce solare; chi ci assicura che ce la farà anche stavolta a prendere forma e lucentezza? È così fragile e pallida e sottile; solo da una parte comincia ad acquisire un contorno netto come un arco di falce, e il resto è ancora tutto imbevuto di celeste. (…)».

Gli opinionisti televisivi di cui sopra risolverebbero: la luna? C’è sempre stata.

Italo Calvino, “Palomar”, Einaudi, 1983.


(L'Adige 31/7/2023)


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