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L'Euregio Tirolo. Un passo verso la Mitteleuropa 07/02/1996

Aggiornamento: 22 lug 2023


Mucche a riposo sulla spiaggia di Goa

E’ immaginabile un Grande Tirolo? Nell’Europa del futuro esisterà una regione che annulli il confine del Brennero tracciato dai trattati di S. Germain-en-Laye nel 1919?

E’ troppo ambiguo il progetto euroregione Tirolo (Euregio Tirolo)[1] per non suscitare questi interrogativi. Anche se nessuno osa parlare apertamente di secessione, le allusioni a progetti geopoliticamente radicali non mancano. Queste sensazioni, forse questo timore ha investito anche il presidente della Repubblica, che si è precipitato in Trentino per verificare la situazione, e per far conoscere la sua posizione sull’Euregio: «Attenti a non contrabbandare altro al posto dell’autonomia!» — ha affermato Scalfaro[2], in un avvertimento senza precedenti.

Il primo ad alimentare fraintendimenti e timori, è Silvius Magnago, uno dei principali artefici del “pacchetto”[3], nonché leader carismatico della Südtirol Volkspartei (Svp), il quale accenna spesso — contemporaneamente — a due concetti che poco si sposano l’uno con l’altro: da una parte richiama la metafora dei «fili di seta» per caratterizzare i confini[4]; ma dall’altra parla apertamente di «autodeterminazione» e di «risuscitare il Vecchio Tirolo»[5]. L’antitesi delle diverse espressioni e l’ambiguità sottesa non può che insinuare il dubbio: che il progetto euroregionale punti a qualcosa di più di una semplice cooperazione transfrontaliera?

L’attuale congiuntura politica italiana desta ulteriori perplessità. Anche nell’italianissimo Trentino, da quando a guidare la giunta provinciale è Carlo Andreotti, del Partito Autonomista Trentino Tirolese (Patt), l’idea Euregio Tirolo è stata recuperata (in origine era prerogativa altoatesina), ed ha offerto nuovi spunti di dibattito. Ma non ha ancora trovato definizioni soddisfacenti. Tutto si gioca sull’ambiguità delle affermazioni, che da una parte devono accontentare quella schiera di trentini che ad ogni occasione non manca di pronunciare il detto: «Da Borghetto in giù, l’Italia andrebbe divisa»[6]; ma dall’altra deve tranquillizzare i cittadini sulla positività del progetto, che garantisce autonomia, ma che non auspica alcuna secessione. E allora avanti con una serie di proclama da parte dei promotori, i quali ribadiscono quotidianamente di «non aspirare ad alcun disegno che miri al superamento della sovranità nazionale». Di fatto il proposito è sbandierato in maniera talmente ossessionante, da suonare come una forzatura. E ottenere l’effetto esattamente contrario.

Altri elementi inducono a riflettere sul vero carattere del progetto: le posizioni della Svp, confermate recentemente anche dal Patt, sull’inutilità del commissario del governo in Alto Adige ed in Trentino[7]. La polemica, mai sopita, sulla legittimità degli Schützen altoatesini[8], che hanno chiesto di poter utilizzare i moschetti nelle proprie adunate (così come hanno fatto recentemente vicino ad Innsbruck, partecipando ad un’esercitazione assieme ai loro colleghi tirolesi). La grazia che ormai da anni viene richiesta dalla Svp al Presidente italiano per i terroristi dinamitardi della cosiddetta guerra dei tralicci[9]. L’esistenza in Alto Adige di partiti dichiaratamente secessionisti[10]. Infine l’obiettivo della Svp «nel quadro di una riforma dello Stato italiano di abolire la Regione Trentino-Alto Adige, creata solo per controllare politicamente l’autonomia dell’Alto Adige»[11].

In questo quadro è opportuno sottolineare che il 29 ottobre 1994 si sono radunati a Borghetto (il simbolico abitato di confine tra la regione Trentino-Alto Adige ed il Veneto) ben ottomila persone, in ricordo dell’Asar[12]: un messaggio inequivocabile. Tanto più che anche il leghista Roberto Maroni, presente alla cerimonia, ha dimostrato di apprezzare l’iniziativa geopolitica, intendendo l’Euregio come qualcosa di più rilevante rispetto ad una collaborazione transfrontaliera[13].

Questi indicatori offrono certamente il fianco a chi si dichiara critico nei confronti del progetto Euregio Tirolo, poiché vede in esso un’ipotesi politica molto più che economica.

In Trentino c’è chi sostiene esplicitamente che il progetto possegga delle mire revisionistiche. L’Euregio — secondo la tesi in questione — altro non sarebbe che un tentativo di germanizzare la zona senza conflitti, con un asse tedescofono ulteriormente rafforzato in Europa (le euroregioni sono quasi tutte di questa matrice) e progressivamente sempre più distante, almeno culturalmente, dall’Italia.[14] Non a caso, il partito dell’Union für Südtirol, ha utilizzato l’aggettivo revanscista per commentare l’ennesimo rifiuto di Scalfaro a concedere la grazia ai terroristi altoatesini[15].

A rafforzare questa ipotesi, concorrono anche gli orientamenti che stanno caratterizzando la provincia di Trento (a tutt’oggi non assimilabile — per lingua — all’area altoatesina). Una recente proposta di legge provinciale vorrebbe introdurre l’obbligo dello studio della lingua tedesca nelle scuole elementari (anziché lasciare gli alunni o i genitori liberi di scegliere tra le quattro lingue indicate dalla Comunità europea). L’ipotesi — proposta dall’assessore provinciale all’istruzione, l’autonomista Luigi Panizza[16] — può senza dubbio essere letta come il progetto di creare una comunanza culturale tra gli abitanti dell’area trentina e quella altoatesina e tirolese, in una prospettiva geopolitica immediatamente percepibile. L’esatto contrario di quanto fecero gli uomini della Svp, i quali invece si opposero strenuamente, nei primi anni ‘80, al progetto di insegnamento precoce della seconda lingua nelle scuole materne della provincia di Bolzano, proprio per evitare l’appiattimento culturale: una maggior conoscenza del tedesco da parte di tutti gli abitanti altoatesini avrebbe favorito le possibilità di contatto tra i due gruppi linguistici e dunque di “integrazione”, cosa che in quel momento non era desiderata dalla Volkspartei.

Oggi la situazione è mutata. Le mire sono altre. Secondo la proposta di Euregio avanzata dal vicepresidente della giunta provinciale, Franz Pahl (Svp), il primo gradino del progetto coinvolgerebbe solamente il Land Tirolo e la provincia Alto Adige (a maggioranza tedescofona). In un secondo momento — eventualmente — ci sarebbe posto anche per il Trentino. L’idea tende ad una “euroregione” quasi esclusivamente tedescofona, nella quale l’eccezione sarebbe rappresentata proprio dalla provincia di Trento, l’unica aggregata di lingua italiana. Ecco allora che le autorità politiche trentine che più hanno a cuore lo sviluppo dell’Euregio (i membri del Partito Autonomista Trentino Tirolese, appunto) si stanno mobilitando in maniera esattamente speculare rispetto ai “cugini” dell’Svp sull’insegnamento precoce della seconda lingua: il disegno di legge Panizza obbligherebbe i trentini ad apprendere fin dalle elementari, come seconda lingua, il tedesco, così da poter creare un gruppo culturale il più possibile omogeneo con i componenti “nobili” (tedescofoni) dell’Euregio. La ratio del provvedimento potrebbe così essere individuata nella massima di Alfred Dregger, capogruppo Cdu-Csu al Bundestag fino al 1991: la “tedeschità” non deve diluirsi a nessun prezzo[17].

Ben si comprende come tale ipotesi euroregionale (se fosse sviluppata anche in termini politici) rovescerebbe d’improvviso gli equilibri attualmente in campo nel Trentino-Alto Adige per quanto concerne le minoranze linguistiche. Equilibri sperimentati e salvaguardati finora da una serie di misure diplomatiche e in particolare dallo Statuto di Autonomia, nonché dalle risorse economiche accordate da Roma. Sarebbero allo stesso modo tutelate le minoranze italiane in un’eventuale ipotesi euroregionale di stampo germanico, in un’area che non si ritenga esplicitamente sottomessa ai dettami costituzionali di uno Stato? La questione è aperta.

Il carattere geoeconomico

Meno preoccupazioni desta invece la proposta Euregio sotto il profilo economico e dello sviluppo. Ciò è dovuto probabilmente non tanto all’effettiva comune utilità, quanto al fatto che se ne percepiscono più chiaramente gli obiettivi. Una serie di interessi economici verrebbe gestita, salvaguardata e sviluppata in modo migliore in una prospettiva euroregionale piuttosto che nazionale. Realizzare trasporti, comunicazioni, attività di produzione e promozione economica, infrastrutture per una zona territorialmente limitata e con caratteristiche omogenee (anche se disposta in stati nazionali diversi) è senza dubbio più rapido rispetto all’ipotesi di procedere dopo la mediazione statale. Su questo non ci sono dubbi. E proprio perché il movente economico è più chiaro, esso risulta più convincente, al di là di quelle che possono essere le opinioni personali su un tipo di sviluppo a diverse velocità.

Tuttavia, visto il disegno costituito dalla Comunità europea di maturare un’economia il più possibile interrelata, un progetto di cooperazione transfrontaliera che tenga conto delle specificità dei luoghi e delle produzioni, di creare grandi politiche di comunicazioni e di sviluppo ambientale, c’è chi non capisce il continuo riferirsi all’Euregio Tirolo come unica prospettiva economica per il Trentino.[18]

Per stipulare convenzioni, determinare procedure, assumere oneri anche di carattere finanziario, sarebbero inoltre necessarie una serie di potenzialità legislative che vanno oltre quelle attuali delle due Province autonome di Trento e Bolzano, ed anche oltre le competenze di Innsbruck (e — casomai — Bregenz). In questo senso, va però tenuto presente che, allo scopo di evitare il rischio del cosiddetto “schiena contro schiena” (ovvero di regioni che — pur essendo confinanti — visto che appartengono a stati diversi rivolgono attenzioni e interessi alla loro capitale, trascurando così ottime prospettive di eurocooperazione), la Comunità europea ha istituito dei programmi operativi, finanziati da Fondi strutturali[19]. E pertanto, in chiave puramente economica, molti cittadini vogliono capire meglio le positività aggiunte che sarebbero da ascrivere alla nascita dell’Euregio Tirolo.

Alcuni intellettuali e politici, per giustificare questa spinta euroregionale, cercano di fornire una motivazione di carattere concorrenziale. Per competere — sostiene questa tesi — con le limitrofe aree economiche (le regioni della pianura Padana, sul versante italiano, e la Baviera, su quello germanico) sia il Trentino-Alto Adige che il Tirolo ed il Voralberg hanno la necessità di tutelarsi al meglio, costituendosi in un soggetto economico il più possibile amalgamato e concorrenziale[20].

I numeri sono però impietosi con tale raffigurazione: i 28.856 Kmq. per 1.843.000 abitanti dell’Euregio Tirolo[21], ben difficilmente possono essere messi in antagonismo con i 70.554 Kmq. e 11.449.000 abitanti della Baviera e con i 45.984 Kmq. per 12.730.000 abitanti delle regioni “padane” (considerando solo Lombardia ed Emilia Romagna).

L’ipotesi, in questi termini, non regge. Come si vede l’area non possiede le dimensioni sufficienti per sostenere un confronto economico serrato. Essa, viceversa, sarebbe verosimilmente danneggiata ulteriormente dalla creazione di una proposta geoeconomica che si dovesse mettere in aperta contrapposizione con dei blocchi dalle maggiori potenzialità. La creazione di questo spazio economico privilegiato infatti, indurrebbe probabilmente le altre regioni italiane a vedere nel Trentino e nell’Alto Adige dei concorrenti “interni”. E ciò porterebbe ad un conseguente ulteriore spostamento dell’asse geoeconomico trentino verso il nord, verso l’Austria. Con la schiena rivolta inevitabilmente al resto dell’Italia. Se ciò si verificasse, una serie di conseguenze giuridiche e sociali farebbero trasbordare il contesto dall’ambito puramente economico a quello geopolitico[22]. E saremmo daccapo.

Un cenno storico

Per sostenere la compatibilità dei valori e del modo di vivere[23] di quelli che dovrebbero essere i futuri abitanti dell’Euregio Tirolo, si sente solitamente fare riferimento alle comuni radici storiche che possiedono gli abitanti dell’area.

La questione storica merita dunque un’analisi attenta. Se per quel che riguarda l’Alto Adige tale comunanza è percepibile di primo acchito, per la lingua, ciò non è altrettanto automatico per il Trentino. Non è un caso, infatti, che le parole di Scalfaro fossero indirizzate proprio alla provincia di Trento[24].

Va tenuto presente come sia il Trentino che il Voralberg, ai tempi dell’Austria-Ungheria, non fossero particolarmente entusiasti di essere parte integrante del Tirolo. Non servono particolari esempi: basterà rievocare solamente il fenomeno dell’irredentismo e, per tutti, i nomi di Cesare Battisti e Damiano Chiesa. Dunque le radici storiche del Trentino possono riferirsi sì, come amano ricordare i membri del locale partito autonomista, ad Andreas Hofer[25], ma — certamente — anche a Cesare Battisti e Damiano Chiesa.

Per quanto concerne poi la liberalità storica della Regione Tirolo si possono avanzare dei dubbi. Tutte le rivendicazioni di autonomia del Grande Tirolo nei confronti di Vienna sembra fossero finalizzate principalmente al conseguimento di benefici per la classe dirigente del tempo (i cosiddetti Ceti), piuttosto che ad una effettiva ricerca di sviluppo liberale federalista.

Ne sono esempi la richiesta delle autonomie comunali dei primi anni del Vormärz (1816-1848), che mirava in sostanza alla possibilità di restringere le disposizioni “liberali” (del Metternich !!) che regolavano il diritto di cittadinanza. Ma tutte le questioni costituzionali (ed in particolare quella del Tirolo italiano[26] che — a partire dai moti del 1848 — rivendicava autonomia) non vennero mai risolte in chiave liberale. Anche il problema del Voralberg (che la Dieta Tirolese voleva conglobare) assunse un ruolo non politico-liberale ma economicistico.[27]

Pertanto, il nodo storico della sovranità sul territorio, non fornisce un criterio univoco di soluzione della controversia (Euregio sì, Euregio no), ma rende ancora più complesso il ragionamento.

Le recenti perplessità avanzate dal Voralberg sul progetto Euregio Tirolo sembrano tuttavia confermare la tesi geopolitica del disegno: sarebbe la rivincita che il Tirolo (Nord e Sud) si prende sulla storia. Sia il Land austriaco che la provincia italiana hanno sempre manifestato il desiderio di ottenere autonomia dalle rispettive capitali, a partire dalla esperienza di Andreas Hofer. In questo senso le preoccupazioni di Vienna, riguardo all’ipotesi euroregionale, non sono meno evidenti di quelle italiane. Anzi. Non dovrebbe però essere scordato che — storicamente — diverse paiono essere le tendenze autonomistiche di Innsbruck rispetto a quelle di Trento. Trento ha manifestato nella sua richiesta di autonomia più un’esigenza di autogoverno (inteso come gestione delle risorse) che di un’autodifesa[28] a carattere etnico-linguistico. Viceversa Innsbruck, fin dall’accantonamento (ad opera del regime del Vormärz) del diritto tirolese all’autodifesa, si è sempre battuta per ottenere un nuovo regolamento difensivo[29]: per questo non va sottovalutata l’importanza che ricopre, nei termini di mitologia politica, il movimento degli Schützen altoatesini.

Un nuovo fattore di tensione è il caso dell’ufficio comune di rappresentanza di Trentino-Alto Adige e Tirolo a Bruxelles, presso l’Ue. Ufficialmente è uno sportello delle Camere di commercio. Il problema è che esso reca le insegne della Euroregione tirolese e il funzionario che vi lavora è un dipendente della Provincia di Trento.

Già in occasione della sua apertura (19 ottobre 1995) non erano mancate le polemiche. Un comunicato dei Commissari del governo di Trento e Bolzano vietava ai funzionari dello Stato di partecipare alle cerimonie di inaugurazione: l’ufficio veniva ritenuto dal governo una sorta di primo passo ufficiale verso la Regione europea, operazione non conforme ai dettati costituzionali, che riservano la competenza in politica estera interamente allo Stato. Sull’ufficio di rappresentanza è intervenuto anche il ministro degli Esteri Susanna Agnelli: «Non è accettabile – ha detto – che pezzi d’Italia vadano dietro ad un altro stato» (17/1/1996). Inoltre, il quotidiano trentino L’Adige (18/1/1996) riporta che secondo un’agenzia di stampa austriaca (Apa), il presidente della Repubblica, Scalfaro, avrebbe scritto qualche giorno fa una lettera riservata al presidente austriaco Thomas Klestil nella quale verrebbe ribadita l’illegittimità di tale ufficio in quanto – sempre secondo la nota d’agenzia – «non rispetta le indicazioni di Maastricht e viola la Costituzione italiana».

Agire o riflettere?

Dunque l’Euregio, se non viene più chiaramente specificata, può essere letta come una proposta geopolitica di ricompattamento della Mitteleuropa, con le conseguenze che non è ancora possibile misurare.

Prevarrà la concezione del “buon governo” suscitata dal ricordo di Francesco Giuseppe, e «l’orgoglio di essere austriaci»[30], oppure avrà la meglio l’atteggiamento contrario? Da una parte viene la spinta verso la Mitteleuropa, ma dall’altra c’è chi rallenta questo progetto euroregionale, rivalutando il concetto di Stato nazionale, non come strumento accentratore di poteri (ormai tale concezione sembra essere decisamente superata), ma come unico garante (grazie alla Costituzione) dei diritti di tutti i cittadini, maggioranza o minoranza che siano (in questo senso lo Statuto di Autonomia del Trentino-Alto Adige costituisce un esempio significativo di garanzia).

Questo è il dilemma che si presenta oggi, in Trentino — com’è ovvio — molto più che in Alto Adige.

C’è un ulteriore dato su cui vale la pena di riflettere almeno un istante. Alle recenti elezioni austriache, il Land Tirolo — in controtendenza rispetto al resto dell’Austria — ha visto una buona performance della Freiheitliche partei, i liberalnazionali di Jörg Heider. Essi hanno infatti ottenuto il 27,3% dei consensi (nella circoscrizione di Kufstein sono additittura il primo partito) propugnando una politica antieuropea. Se questo è il sentimento tirolese, difficile pensare all’Euregio Tirolo come strada maestra per il successo dell’Unione europea. Anche su questo punto, forse, sarebbe opportuno fare chiarezza.

Ma cosa ne pensa la gente dell’Euregio Tirolo? I trentini sono a favore o contro l’ipotesi eureregionale? Questa idea, al di fuori degli ambienti politici ed intellettuali, suscita entusiasmi o preoccupazioni?

Per la verità, vista l’indefinitezza del progetto, pare che i trentini stentino a coglierne i tratti salienti e — di conseguenza — l’utilità[31]. Così, o il disegno è percepito dai più come meno importante rispetto a quello che i politici vogliano fare ritenere, e in questo caso i cittadini avrebbero rinunciato volutamente ad approfondire il tema. Oppure — più verosimilmente — l’elite politica che si fa alfiere di questa ipotesi, non tiene in gran conto l’opinione dei cittadini e non reputa fondamentale chiarire le idee alla gente nè valutarne ufficialmente il grado di condivisione sulle proposte operative[32].

Entrambe queste ipotesi sortiscono comunque da un dato: i cittadini trentini dell’ipotesi euroregionale sanno poco. E’ ancora pensabile, alle soglie del Duemila, che vi siano progetti politici, pensati, avviati e confezionati da una ristretta elite, senza dover chiedere alcun parere e senza dover rendere conto a nessuno, se non a cose fatte, secondo la logica, divenuta assai moderna, dell’intanto lasciateci lavorare?


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Note:

[1] L’Euregio Tirolo consiste ufficialmente in un progetto di cooperazione transfrontaliera che implichi stretti negoziati tra la regione Trentino-Alto Adige ed i Länder austriaci Tirolo e Voralberg. Secondo molti però, dietro questo paravento si nasconderebbe il tentativo di collegare anche politicamente il Trentino-Alto Adige all’area mitteleuropea tirolese.

[2] Cfr. Giorgio Battistini, Scalfaro: “Autonomia ma nell’unità”. In La repubblica, sabato 25 novembre 1995.

[3] L’insieme delle misure di salvaguardia adottate nei confronti del gruppo linguistico tedesco in Italia. Su questa base nel 1972 entrerà in vigore lo Statuto di Autonomia del Trentino-Alto Adige, che modifica quello del 1948 assegnando molte più competenze alle Province.

[4] Ne Il ritorno del Vecchio Tirolo, un’intervista condotta da Gianni Faustini e pubblicata da “Trentino Industriale” 6/’94, Magnago dice: «Sui confini non posso che ripetere quanto ho già detto più volte: non è realistico spostare confini anche se possiamo augurarci che siano nient’altro che fili di seta».

[5] Nell’intervista ‘Il mio Sudtirolo’, rilasciata a Josef Kirchengast e pubblicata su liMes (L’Europa senza l’Europa, 4/’93), la posizione di Silvius Magnago è questa: “[..]Ciò che affermo è solo un’ipotesi, in quanto un mutamento di confine è oggi impossibile: ma se avessimo tempo di preparare l’esercizio del nostro diritto di autodeterminazione, sono convinto che avremmo a favore, oltre alla generazione più anziana, anche la maggioranza dei giovani, indipendentemente dal fatto che lì (in Austria, ndr) si stia meglio o peggio”.

[6] Borghetto è un piccolo agglomerato dove corre il confine tra la regione Veneto e il Trentino-Alto Adige.

[7] Sul commissario del governo: «La mia posizione — dice Carlo Andreotti, nell’articolo Euregio, alta tensione con Sottile, pubblicato da L’Adige il 28 novembre 1995 — è la stessa di Durnwalder: non sarebbe indispensabile».

[8] Gli schützen erano un corpo militare del Tirolo. Reclutati su base volontaria, i tiratori scelti (questa era la loro specialità), sono rimasti famosi per la loro energica lotta contro le truppe napoleoniche nel 1809, sotto la guida di Andreas Hofer.

[9] Dopo che il ministro degli esteri austriaco, Bruno Kreisky, nel settembre del 1959 annunciò di sollevare la questione altoatesina davanti all’ONU (l’organo regionale non permetteva ai sudtirolesi di partecipare attivamente alla vita politica), Austria e Italia furono invitate a negoziare per trovare una soluzione a garanzia della specificità linguistica degli altoatesini. Non giungendo ad alcuna conclusione, durante la notte tra l’11 ed il 12 giugno 1961, alcuni terroristi altoatesini diedero il la ad una serie di attentati dinamitardi (che proseguirono per alcuni anni) per rendere impossibile una trattativa pacifica sulla disputa etnica.

[10] Ad esempio l’Union für Südtirol.

[11] Cfr. Euregio e Scalfaro: polemica, in L’Adige, 29 novembre 1995.

[12] L’Asar — acronimo per Associazione Studi Autonomistici Regionali — era un movimento popolare trentino. Fu fondato nel 1945 con l’obiettivo di ottenere l’autonomia integrale da Borghetto al Brennero e cessò di esistere dopo le elezioni regionali del 28 novembre 1948, alle quali non si presentò direttamente, ma sottoforma di Partito Popolare Trentino Tirolese (che ottenne in Trentino 4 seggi su 26. Nel 1988 il Pptt divenne l’attuale Patt). Dalle radici dell’Asar si formò anche il movimento Autonomia Integrale (1 seggio).

[13] In un’intervista pubblicata dal quotidiano Alto Adige il 30 ottobre 1995, Maroni dice: «C’è bisogno di dare una spallata allo stato centralista. [..] Ci vogliono dei passaggi intermedi. Da centralisti a decentrati per poi arrivare all’Euregio. Intanto tutti assieme (Lega Nord e autonomisti, ndr), poi ciascuno governerà la propria terra: altrimenti ognuno tenterà soltanto di difendersi».

[14] «Non si può ignorare — scrive Sergio De Carneri — che l’iniziativa parte da un’ala della Svp, che si è compattata con consiglieri del gruppo linguistico tedesco appartenenti a formazioni che rivendicano l’autodecisione per il Sudtirolo, su una linea che tende all’eliminazione «indolore» del confine del Brennero mediante una sorta di riedizione del Tirolo storico. [..] Nè si può ignorare la tendenza marcatamente di destra delle forze che in Austria ed in Germania promuovono il progetto». In L’Anima «nera» della Euregio, pubblicato su L’Adige il 5 marzo 1995.

[15] Nell’articolo: La Svp a muso duro «Non erano brigatisti», su l’Alto Adige del 25 novembre 1995.

[16] Disegno di legge n. 64, presentato in consiglio il 30 giugno 1995, con il titolo “Insegnamento delle lingue straniere nella scuola dell’obbligo”. Per la verità una proposta analoga era stata già avanzata qualche tempo prima dal consigliere provinciale della Rete, Passerini. Ora è stata recuperata. Giova tener presente che, su questa proposta, già il 7 agosto successivo, gruppi spontanei di cittadini hanno depositato presso il consiglio provinciale di Trento più di ottomila firme a favore della libera scelta della seconda lingua alle elementari, in contrapposizione al disegno di legge Panizza.

[17] Cfr. Michel Korinman, Euroregioni o nuovi Länder? In liMes 4/’93, “L’Europa senza l’Europa”.

[18] E’ proprio di questi giorni la critica rivolta a questo sviluppo geoeconomico monodirezionale da parte del segretario generale della Cgil del Trentino, Sandro Schmid. «La cosa più idiota del dibattito trentino di oggi — dice Schmid — è questo guardare solo all’Euregio. Ne sono un fautore, ma non è sufficiente. Il Trentino come protagonista alpino deve essere sinergico con i produttori del Veneto e con l’area pedemontana Vicenza-Bassano-Belluno». Nell’articolo «Roma strozza il nord-est», pubblicato su L’Adige il 28 novembre 1995.

[19] Un esempio è Interreg.

[20] Nell’articolo Anche il Trentino condivide l’iniziativa, Carlo Andreotti scrive: «Il Trentino, assieme all’Alto Adige, è impegnato nell’elaborazione di una proposta di Euro-regione che rafforzi i già robusti vincoli di collaborazione tra le province trentino-tirolesi dei due versanti del Brennero. Non si tratta di un rigurgito nostalgico, ma della consapevolezza che l’area trentino-tirolese si trova dinanzi alla necessità di decidere se vuole ridursi a corridoio di transito tra la Padania e la Baviera, o se vuole invece giocare la carta della particolarità, ambientale e culturale, per rilanciare il proprio ruolo non marginale nella futura Europa delle Regioni». In Nord Est. Autunno 1994 - n° 3.

[21] Il dato comprende anche il Voralberg, che per la verità si sta ritagliando una posizione piuttosto defilata.

[22] Per le sottili distinzioni tra geoeconomia e geopolitica, si veda Carlo Jean, Geopolitica. Laterza, Bari - 1995. Pp. 149-154.

[23] Secondo lo schema individuato da Karl Deutsch nel suo Le relazioni internazionali. Il Mulino, Bologna - 1970.

[24] Su questo particolare aspetto si è soffermato il Presidente della Repubblica nella sua recente visita a Trento: «Se fate prevalere il termine o anche il contenuto del termine Tirolo, voi fate scomparire il Trentino, ne alterate la specificità» — ha detto Scalfaro, riferendosi all’Euregio Tirolo.

[25] Hofer, verso la fine del ‘700 riuscì a far combattere fianco a fianco, per la stessa causa (liberare la regione Tirolese dalle truppe napoleoniche) i contadini del Tirolo di lingua tedesca e i contadini del Trentino, soprattutto quelli della periferia tra i quali si ricordano quelli delle valli Giudicarie, di Non, di Sole, di Fassa e del Primiero. Oggi la sua figura rappresenta il simbolo degli Schützen.

[26] Oppure Sudtirolo. Così venne infatti ribattezzato il Trentino, nel 1802, dagli Asburgo.

[27] Cfr. Richard Schober, cit. Pp. 64-66; 93; 96-104; 107; 253-272.

[28] Cfr. Sergio Fabbrini, La politica malata del Trentino. In L’Adige, 15 aprile 1995. Ed anche Ettore Petta, Non esiste un Euregio del Tirolo. Ce ne sono almeno tre. In L’Adige, 15 ottobre 1994.

[29] R. Schober ricorda «la duplice finalità del compito difensivo dei Tirolesi, in quanto doveva essere assunto sia verso l’impero che verso il proprio paese». Cfr. Richard Schober, cit. P. 67.

[30] Sono queste le parole che il segretario organizzativo del Patt, Giorgio Gelemetti, ha usato durante un dibattito (stimolato e trasmesso dalla radio trentina Nbc), martedì 28 novembre 1995.

[31] Un recente sondaggio a cura della Swg di Trieste, condotto su un campione di 800 persone e pubblicato dal quotidiano L’Adige il 30 novembre 1995, indica che in Trentino il 48,4% della popolazione è decisamente contrario alla istituzione della regione transfrontaliera; il 15,2% si dice «poco favorevole»; il 19,7% non sa rispondere; il 3,7% è «abbastanza favorevole». Solo il 13% degli intervistati si dichiara «molto favorevole». Significativo in questo quadro pare anche quel 19,7% di trentini che non sa rispondere: è evidente che dell’Euregio a questi importa ben poco.

[32] Non solo della cosiddetta gente comune. E’ infatti curioso notare che il Pds, per conoscere dei dati precisi sulle attività “euroregionali” che la giunta provinciale ha avviato, il 27 ottobre 1995 ha presentato un’interrogazione consiliare.

Maurilio Barozzi in “LiMes. Rivista Italiana di Geopolitica” 1/96 I nuovi muri. Pp. 37-45.


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