La marcia dei trattori sulle principali capitali europee riporta di attualità – ammesso che ne siano mai uscite – le lotte degli agricoltori nei confronti della società industriale e postindustriale. Una lotta che oggi sta interessando l’Europa ma che caratterizza il mondo a ogni latitudine. Scritto nel 1932 da Erskine Caldwell, il romanzo “La via del tabacco” illumina su quello che diventerà a tutti gli effetti un conflitto sociale planetario e mai sopito. Al di là di alcuni aspetti stilistici e della crudezza di immagini che ai tempi fecero molto discutere, e dalle vendite tutt’altro che lusinghiere nonostante fosse pubblicato da Scribner, la potenza del romanzo sta proprio nella capacità di cogliere una lotta intrinseca tra due mondi che paiono incapaci di trovare un punto di equilibrio. «Non è giusto che uno sia così perseguitato dalla povertà solo perché vive sulla terra invece di andare nelle fabbriche», dice a un certo punto Jeeter Lester, il protagonista. Tuttavia, Caldwell non offre risposte confezionate a tale dualismo di prospettiva. Come si addice a un artista, egli apre orizzonti. Scava nelle contraddizioni e nell’oscurità di un mondo – quello rurale – che col pretesto della povertà si crogiola in un vittimismo spesso sfociante in violenza e bestialità. Inoltre evidente la vacuità del cosiddetto sogno americano. Proprio tale operazione di realismo letterario (che può appunto ricordare i temi di Giovanni Verga) gli procurò sia le critiche più sprezzanti che i migliori elogi. Un recensore del tempo (Edward Dahlberg) arrivò a scrivere che il libro «dovrebbe essere letto ad alta voce a chiunque abbia mai fatto commenti generalizzati e ingenui sull’alto standard di vita negli Usa».
Poetico e illuminante suona il passo in cui Jeeter si confida: «Quando è passato l’inverno ed è tempo di bruciare le saggine nei campi e i cespugli nelle macchie, mi vien voglia di piangere. L’odore di fumo di saggine, in quest’epoca dell’anno, mi fa quasi impazzire, e, poco dopo, tutti gli altri qui intorno cominciano ad arare. Quando sento l’odore della terra nuova rivoltata dall’aratro mi prende una gran debolezza e un gran tremito. Bruciar erbe e arare la terra in quest’epoca dell’anno è una cosa che ho nel sangue. L’ho fatto per quasi cinquant’anni, e mio padre e suo padre prima di lui erano uomini così. A noi Lester piace smuovere la terra e farci crescere piante. Io non posso andarmene come gli altri nelle filande di cotone: la terra mi tiene incatenato qui».
Erskine Caldwell, “La via del tabacco”, Einaudi, 1995.
(L'Adige 12/2/2024)
Maurilio Barozzi
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