Putin e Zelenski rievocano l'abbozzo di due personaggi shakespeariani. Due antieroi tragici assillati dalle pulsioni e obnubilati da ciò che suppongono giusto. Il fatto è che il mondo rischia di non avere né l'energia né la longevità per suturare le ferite che le loro azioni potranno infliggergli. William Shakespeare aveva colto con la gelida chiarezza del pessimismo la deriva delle ossessioni in una delle sue più note tragedie: Re Lear. Il vecchio re vuole dividere il suo regno in tre e lasciarlo – assieme al potere – alle tre figlie. Ma, accecato dalla vanità, prima di assegnare loro le terre vuole sentirsi esprimere l'amore che provano per lui. Mentre Goneril e Regan si sperticano in lodi senza fine, Cordelia, la più giovane, si limita alla sincerità: «Mio buon signore, voi mi avete generata, nutrita, amata. Io ripago quei debiti secondo il dovuto, vi obbedisco, vi amo e vi onoro. Ma perché le mie sorelle hanno un marito se dicono di amare soltanto voi?» «La tua sincerità sia dunque la tua dote» le dice offeso il re, diseredandola. Salvo poi doversi ravvedere: dopo aver ceduto il suo potere alle figlie maggiori in cambio solo dell'ospitalità, Lear capisce che erano due adulatrici. Lo scacciano, lo riducono in disgrazia e ad accoglierlo sarà invece colei che era stata sincera, Cordelia. Dunque tutto bene? Per niente. Lear si è ravveduto, ha capito il suo errore di valutazione ma è troppo tardi: non riuscirà a godere di questo stato di grazia. Anzi. Dovrà fare i conti con l'orrore: il giovane Edmund. Che usurpa il titolo del padre, diventa amante di entrambe le figlie maggiori di Lear, fa sì che una avveleni l'altra e poi si uccida, dunque finisce a sua volta ucciso dal fratello Edgard. Non basta: prima di morire a sua volta di crepacuore, Lear deve apprendere anche l'impiccagione di Cordelia, l'unica persona di elevata statura morale della vicenda. Shakespeare sembra voler ricordare che non c'è salvezza per gli uomini che sono «per gli dei come le mosche per i monelli: ci uccidono per il loro spasso». La tragedia si chiude con le parole di Edgar: «Dobbiamo accettare il peso di questo tempo triste. Dire ciò che sentiamo e non ciò che conviene dire. I più vecchi hanno sopportato di più: noi che siamo giovani non vedremo tanto. Né tanto a lungo vivremo».
William Shakespeare, “Re Lear”, Garzanti, 2012.
(L'Adige 10/10/2022)
Maurilio Barozzi
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