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Immagine del redattoreMaurilio Barozzi

Vallarsa, nel paese dei beccamorti 14/06/1998

Aggiornamento: 24 lug 2023


Mucche a riposo sulla spiaggia di Goa

Viaggio dove i parenti dei morti si devono scavare la fossa (Raccontato poi in un’intervista a Rai 1) VALLARSA (TN) - Forse può anche essere un modo per pensare ad altro. Per liberare la mente e distrarla dal lutto. Può essere che lo sforzo fisico aiuti a superare i momenti psicologicamente difficili. Così in Vallarsa, per lunga tradizione, quando qualcuno muore i suoi parenti si recano al funerale con in macchina il piccone e il badile: al termine della funzione scavano loro stessi la fossa. Poi, sperando di essere aiutati da qualche compaesano, adagiano la bara nella fossa. Quindi la coprono. «É una consuetudine», spiegano gli abitanti. «Aiuta a mantenere la solidarietà tra i cittadini», raccontano altri. E su questo non ci possono essere dubbi. Non la pensa esattamente così, però, Sergio Rigo. Dopo la terza fossa che ha scavato, dieci anni fa per il padre, poi per la madre, infine - domenica scorsa - per il fratello Flavio, di fare buche per seppellire i propri cari ne ha le tasche piene. Prima di tutto per la sofferenza di una perdita importante: scavare una fossa significa dare l'addio a una persona cara; ma in secondo luogo anche per la fatica, la scocciatura di dover - in un momento così delicato, subito dopo la funzione religiosa - correre a cambiarsi, prendere piccone e vanga, cercare qualche volontario e dare corso alla sepoltura. «La popolazione di Vallarsa è sempre stata molto solidale, questo devo proprio sottolinearlo - chiarisce Sergio Rigo -. Ciò non toglie che il comune non può lavarsene completamente le mani. Se non si possono trovare altre soluzioni, faccia una convenzione con una ditta di scavi. Non può andare avanti che i parenti del defunto debbano andare a scavare loro stessi la fossa». Domenica scorsa, poi, durante la seconda fase della sepoltura, quella dedicata alla copertura della bara, il terreno reso viscido e melmoso dalla pioggia è franato ed ha reso ancora più difficili le operazioni. «É stato necessario andare di corsa a chiamare altri cittadini per avere un aiuto perché nel cimitero di Parrocchia si sprofondava», aggiungono i familiari di Flavio Rigo. É proprio un altro mondo, il camposanto di Vallarsa. Il passaggio dalla vita reale e dalle sue rigide regole a quella più libera, celestiale, lì si può misurare. Manca infatti anche il vincolo su dove si dovrà seppellire il defunto. «Si sotterra dove si vuole, l'importante è che non si sotterri il proprio caro dove c'è un altro», aggiunge Sergio Rigo. E se una zona è occupata, l'importante è aspettare 25 anni. Scaduto il termine il fazzoletto di terra è riutilizzabile. Fino a qualche anno fa non, l'usanza delle lapidi non era così in voga: pertanto il problema di dover spostare lapidi e bare non si è ancora presentato. Ma la scelta della posizione è lasciata al buon senso dei cittadini. «C'è un uomo che controlla soltanto che non si sotterri sopra un'altra tomba prima dei 25 anni di riposo concessi e che la fossa non sia meno profonda di un metro e 60 centimetri. Tutto il resto è a discrezione di chi scava. Anche le misure di larghezza e di lunghezza - teoricamente 210 cm. per 80 cm. - sono molto flessibili: esistono delle tombe di grandezza doppia rispetto alla gran parte delle altre», critica Rigo. L'unica regola in vigore, quella dei 25 anni, non sembra inoltre essere così efficace. Tanto che durante lo scavo di domenica scorsa, i familiari di Flavio Rigo hanno trovato dei resti umani sotto la coltre di terra. «Un teschio e una parte di osso, forse un femore», precisa Sergio Rigo. Le difficoltà si moltiplicano se il defunto non abita più in Vallarsa da tempo. Se i suoi parenti sono anch'essi lontani. «In questo caso, chi si prende cura della sepoltura?», si chiede ancora Rigo. Eppure proprio il sacerdote che domenica scorsa ha celebrato il funerale di Flavio Rigo (una vita di pellegrinaggi: da Vallarsa a Schio e, infine, a Rovereto prima di trovare la pace perpetua di nuovo a Vallarsa) nella sua omelia ha ribadito l'importanza di poter essere sepolto vicino ai propri cari. E non era questo l'insegnamento del Foscolo, nei Sepolcri? «Ora della famiglia siamo rimasti solo io e mio fratello - si preoccupa Rigo -. Speriamo che in caso di necessità il comune possa attivarsi. Almeno in ragione della tassa cimiteriale che comunque paghiamo. Anche se la buca dei nostri cari ce la siamo sempre scavata».

Maurilio Barozzi L’Adige 14 giugno 1998

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