top of page

Il Pelourinho di Bahia vive nella magia della sua storia (3/2/2025 - l'Adige)

Immagine del redattore: Maurilio BarozziMaurilio Barozzi

Terreiro de Jesus a Bahia  all'imbrunire
Terreiro de Jesus - Salvador de Bahia (Brasile)

Maurilio Barozzi - Le Città nei libri/10



SALVADOR DE BAHIA (Brasile) - Dal suo sagrato sanguinante si srotola Salvador de Bahia. Stranezze: le laceranti frustate subite dagli schiavi abbeverano le radici della più sorridente metropoli brasiliana. L’eccentrica, svergolata, tortuosa e notissima Ladeira do Pelourinho, rinomato ritrovo soteropolitano, si può tradurre come Erta del Patibolo. Jorge Amado, cantore di questa città, ha sarchiato dalla sua gragnuola di pagine una gratificata epigrafe: «Perché così è Bahia, miscuglio di bellezza e sofferenza, d’abbondanza e di fame, di risa allegre e lacrime cocenti (…) Vieni, Bahia ti aspetta. È una festa ed è anche un funerale».


Quotidianità al Terreiro de Jesus
Terreiro de Jesus, Salvador de Bahia

Le città cambiano. Italo Calvino diceva che «per non deludere gli abitanti occorre che il viaggiatore lodi la città nelle cartoline e la preferisca a quella presente, avendo però cura di contenere il suo rammarico». Sfugge alla regola il Pelourinho di Bahia. Quelle pietre irte, infide, irregolari e sanguinanti devono essere centenarie, così come le chiese, le prime costruite in Brasile dopo che Cabral vi arrivò nel 1500 e che Dom Pedro III vi inviò Tomé de Souza, nel 1549 con un bastimento di schiavi dall’Angola. «Era un sogno dantesco… sul cassero a poppa/ un sinistro raggio di lucerne vermiglie/ in sangue si bagnava./ Tintinnar di ferri… crepitar di sferze…/ Una ciurma di uomini neri come notte/ orrenda, danzava…», canta il poeta baiano Castro Alves ne “La nave negriera”. Primi migranti per uno sfarzo fondativo, gli africani costruivano chiese brasiliane – a oggi 365 solo a Salvador, si dice con generosa iperbole –, case coloniali, strade di selci e, appena fuori città, coltivavano terreni sotto la verga dei fazendeiros. In seguito, ci arrivarono anche trentini e veneti. Più di passaggio, a Salvador, ché dal 1763 era stata soppiantata come capitale brasiliana da Rio de Janeiro e come eldorado dei pionieri italiani dal Rio Grande do Sul. Là vi fondarono Garibaldi, Nova Brescia, Imigrante, Nova Trento «in onore alla patria lasciata», scrive Renzo Maria Grosselli nel suo “Storie della emigrazione trentina” raccontando che nel 1874 ben 388 trentini salparono per raggiungere il faccendiere Piero Tabacchi e fondare una colonia.


Pelourinho
Ladeira do Pelourinho

A Salvador de Bahia resiste – quando non rinforza – lo spirito delle origini. Illumina Stefan Zweig in “Brasile. Terra dell’avvenire”: «L’atteggiamento di Baia è quello di una regina vedova, di una grandiosa regina vedova shakespeariana. Essa è sposata alle cose passate. Da lungo tempo ha ceduto il potere regale a una generazione più giovane e impaziente, ma non ha abdicato: ha conservato il proprio rango e, col rango, un'impareggiabile dignità».


I colori coloniali del Carmo, Bahia
I colori coloniali del Carmo, Salvador de Bahia

Così il berimbau, in origine conforto musicale per lavoratori aggiogati, continua a vibrare nei terreiros, i luoghi dedicati al culto e alle macumbe che, assieme al tam-tam dei tamburi, suggerisce magie, apparizioni, arcani e trame oscure. Ne ha attinto a piene mani Hugo Pratt, per il suo Corto Maltese che proprio a Bahia ambienta due dei tre episodi della“Suite Caribeana”. E Guido Nolitta (alias di Sergio Bonelli) spesso vi spedisce il suo Mister No.


Salvador dall'Hotel Pelourinho
Salvador dall'Hotel Pelourinho

Oggi candomblé e percussioni tribali hanno originato capoeira, axé e bossa nova: ingredienti prelibati per turisti raffinati. Quelli affamati inseguono cerveja, vatapa, e acarajé. Quelli acculturati scattano foto ai caseggiati, o a personaggi scalcinati. Lo stesso Henry Levy Strauss fu ingabbiato per la foto ai meninos de rua. «Avevo commesso un atto ostile al Brasile: questa fotografia, utilizzata in Europa, poteva senza dubbio accreditare la leggenda che esistono brasiliani dalla pelle nera e che i monelli di Bahia vanno a piedi nudi», ricorda in “Tristi Tropici”.


L'Hotel Pelourinho
L'Hotel Pelourinho

Allora meglio guardare in alto, all’architettura della città trasudante coloniale.

Al numero 68 del Pelourinho c’era un condominio che, racconta Amado, «visto dalla strada non sembrava tanto grande. Nessuno gli avrebbe dato una lira anche se si vedevano le file di finestre fino al quarto piano». Sebbene il condominio abbia abdicato, l’Hotel che ne ha preso il posto – soffitti altissimi, travi a vista e vista sul trabasso – pulsa a sua volta vita e assorbe vita. E musica: pure Michael Jackson ha tambureggiato nel piazzale per il video di “They Don’t Care About Us”.

Oppure rimirare il porto dalle misericordiose finestre del fu Zanzibar, in Casa Coati. Ai tempi d’oro dei primi Duemila, ci ritrovavamo con artisti, bohémien e sfaccendati a bere batida de gengibre attorno alla pianta cui l’architetta italiana Lina Bo Bardi aveva permesso di squarciare le pareti verso il cielo al grido di «Bahia è Africa».


Sao Pedro dos Clérigos, con la torre incompleta - Terreiro de Jesus
Sao Pedro dos Clérigos, con la torre incompleta - Terreiro de Jesus

Resistono, immanenti dalla notte dei tempi, le chiese – São Francisco, Rosário dos Pretos, São Pedro dos Clérigos... – molte con le loro torri mozzate per non pagar dazio sulle costruzioni terminate.

Resistono, con pari pervicacia, anche le feste. Sorria, voce està na Bahia, dice lo slogan cittadino: sorridi, sei a Bahia. A gennaio c’è il Bonfim, il due febbraio Yemanja; poi il carnevale, a giugno São João…


Praça da Sé - Vista sul porto
Praça da Sé - Vista sul porto

E mentre nei quartieri di Barra, Rio Vermelho, Ondina, Itapuã i bar diventano atelier, i centri commerciali si trasformano in centri congressi, le pizzerie in Mc Donlad, i nightclub in negozi di telefonia, le barracas da praia scompaiono e lungo la orla maritima compare una lunghissima pista ciclabile, il Pelourinho rimane impassibile, in equilibrio sulle sue pietre insanguinate, imprigionato e al contempo salvato dal suo cliché.


Maurilio Barozzi, L’Adige 3/2/2025



La pagina del quotidiano l'Adige
La pagina del quotidiano l'Adige




Galleria fotografica di Salvador de Bahia










Comments


Maurilio Barozzi

mauriliobarozzi@gmail.com

GIORNALISTA, SCRITTORE, SAGGISTA

Tessera professionale n. 056016 (del 11/10/1998)

P. iva IT02736880226

FOLLOW ME

  • Amazon Icona sociale
  • Instagram Icona sociale
  • Facebook Social Icon
bottom of page