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Corona imperversa a Matrix 02/07/2007

Aggiornamento: 18 lug 2023



L'agente fotografico Fabrizio Corona non ha estorto i soldi incassati dalla famiglia Agnelli per non far pubblicare le sordide foto del rampollo drogato, uscito mezzo morto dalla casa di un transessuale. Fabrizio Corona non ha estorto i 50 mila euro incassati dal calciatore Totti (o chi per lui) cercando (invano) di fargli risparmiare la pubblicazione di una sua (presunta) bordellata con una starlette mentre ne stava sposando un'altra (tra parentesi: senza emettere fattura). Fabrizio Corona non ha indotto alla prostituzione tre lapdancer per averle mandate al festino di un amico. Niente di tutto questo. O almeno questo è quello che si è evinto l’altra sera in tv, a Matrix. Né il conduttore Mentana né i suoi ospiti – il ministro Di Pietro e il giornalista Gramellini – avevano letto gli atti processuali che riguardano la vicenda. Fabrizio Corona, l’indagato, sì. Il gioco è fatto. Meglio: il giochino non si è rotto. Un giochino che si chiama Fabrizio Corona. Uno che dice «a me piacciono i soldi e questo lavoro mi permette di farli», in perfetta etica calvinista. Uno che i soldi li fa facendoci sapere che Flavia Vento si presenta da lui chiedendogli di vendere la sua scappata con Totti alla vigilia del di lui matrimonio e porta a titolo di prova gli sms. Uno che fa i soldi facendoci sapere che il portavoce di Prodi si intrattiene coi travestiti di strada. Uno che fa i soldi facendoci sapere chi è il trans con cui andava a drogarsi (di sicuro) e fare sesso (probabilmente) Lapo Elkann. Insomma: uno che fa i soldi grazie al perverso incrocio che rende il prurito di una persona famosa degno di essere conosciuto da tutti. E che perciò ha bisogno di pruriti e di persone famose. Se uno di questi ingredienti manca, va tutto a pallino. Mentana – e Gramellini pure, checché lui venga a raccontare in tv con aria da intellettuale – serve a Corona offrendo l’ambientazione. Facendo leva sullo smodato desiderio di abbeverarsi all’ugello spurga-soldi-facili dello spettacolo, offre celebrità di seconda mano – che essenzialmente deriva dal farsi vedere in giro con qualcuno a sua volta famoso – a persone come Vento, Ribas, Lessa, Costantino e compagnia cantante. Gonfia così il mercato del gossip, humus imprescindibile per il lavoro di Corona. Corona serve a Mentana – e Gramellini – buttando sul mercato dei media fotografie, interviste e video di questi signori, così come si butterebbe sul balcone la spazzatura. Mentana invita degli ospiti alla sua trasmissione Matrix per raccontare la vicenda che vede l’agente fotografico coinvolto. Corona è palestrato, elegante, truccato, conosce gli atti del suo processo e il mondo in cui lui è infognato da mattina a sera, sporcandosi senza problemi, cosciente che tutto ciò che conta per lui e il suo lavoro è soltanto «fare soldi». Di Pietro era un pm, ma viene da Montenero di Bisaccia, non frequenta l’Hollywood di Milano, non ha letto una riga dei documenti processuali e si deve limitare a cercare di difendere in punta di principio l’operato dei magistrati. Gramellini è goffo, ha una barba improponibile, non sa molto del tema che sta trattando e si aggrappa solo al fatto che c’è un’altra Italia, oltre a quella rappresentata da Corona e il suo mondo. Il mondo del Lele Mora che, partito da Bagnolo Po, approda a Verona come pizzaiolo, frequenta un parrucchiere, diventa pr e poi agente di una sfilza di personaggi pubblici (cosiddetti vip) che non si fermano certo davanti alla sottigliezza della sua incarcerazione per una storia di cocaina. Che sarà mai! Ma oltre a questa Italia, balbetta Gramellini, ce n'è un'altra. Infatti: lui fa parte di quest'altra. E poco conosce quella di Corona, pur commentandola e a suo modo illustrandola. Allora, per farle diventare parte del mondo di Gramellini e della maggior parte di noi, provate a togliere a queste estorsioni (presunte, molto presunte, a quanto pare) il fascino che gronda il mondo dei vip, l’effetto di onnipotenza che irradia un tiro di cocaina e la celebrità dei coinvolti. Vi resterà una storia di poveri disperati che cercano di fregarsi l’un l’altro senza un minimo di dignità, di capacità, di prospettiva. Una storia simile a quelle dei settecenteschi accattoni di corte o di quelle quotidiane di battone strafatte, pulciosi truffatori, ladri da supermercato. Ma, chiedo, quante volte a un cravattaro o un truffatore o un ladruncolo affamato qualsiasi è stata concessa la possibilità di autodifendersi (senza nessuno che lo contrasti seriamente) su una televisione nazionale per quasi tre ore? Maurilio Barozzi (L’Adige, 02 luglio 2007. Prima pagina)

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