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Immagine del redattoreMaurilio Barozzi

Crash, perversa ossessione di Ballard 2/10/2023


Mucche a riposo sulla spiaggia di Goa

«Vaughan è morto ieri nel suo ultimo scontro. Nel corso della nostra amicizia, aveva fatto le prove della sua morte in molti scontri, ma il suo ultimo è stato proprio e semplicemente un incidente – l’unico». È l’inizio del romanzo “Crash” (1973) di James Graham Ballard. L’autore era terrorizzato dagli incidenti stradali che aveva definito «un cataclisma pandemico istituzionalizzato in tutte le società industriali» e così ha convogliato tale ossessione nella sua letteratura, trasponendola però a sua volta in una forma perversa e per certi versi insopportabile: l’eccitazione sessuale risvegliata proprio dalle ferite provocate da uno scontro stradale.

Chiunque abbia assistito a un incidente (o vi sia stato coinvolto avendo la fortuna di poterlo raccontare) non ha dimenticato l’orrore della scena. Quello stridente clangore metallico che ti penetra come una supposta esplodendoti dentro gelide schegge di panico. Il sordo “thumb” e il silenzio surreale che prelude al caos: grida, sirene, livide luci lampeggianti… Ballard li ha trasformati in un set pornografico.

In una Londra stilizzata, fatta di asfalto, parcheggi sopraelevati, hangar appartati e corsie d’ospedale, il protagonista - regista cinematografico - narra l’incontro con Vaughan, uno studioso di nuove tecnologie, che gli spalanca la porta su un mondo di orrori che per loro divengono fonte d’eccitazione. «Durante lo studiato corteggiamento di donne vittime di incidenti, Vaughan era ossessionato dai bulloni di infezioni anaerobiche e dalle ferite facciali e genitali», ricorda Ballard. Precisando come «per Vaughan, scontro automobilistico e sessualità si erano uniti in un matrimonio definitivo». L’automobile, intesa come simbolo di velocità e successo (emblematico l’accostamento donne-motori delle pubblicità del tempo), rappresenta la metafora di un oggetto sessuale. E, dato che per il protagonista (i protagonisti) la pulsione sessuale è una costante perpetua, l’automobile assurge a metonimia della vita intera. Così, lo scontro e la conseguente distruzione sono il significante della fragilità dell’uomo e della tecnologia.

James G. Ballard, “Crash”, Feltrinelli, 2004.

(L'Adige 2/10/2023)


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