Il 13 agosto 2012, il Tiroler Tgeszeitung ha pubblicato un’intervista con il vicepresidente del Land Tirol Hannes Gschwenter. Il politico ha approfittato dell’occasione per spiegare come sempre più italiani dell’Alto Adige Südtirol comprino casa in Tirolo. «Molti altoatesini hanno paura ad investire in Italia a seguito della crisi e della situazione finanziaria e stanno scegliendo il Tirolo del nord e dell’ovest per acquistare immobili considerati beni rifugio più sicuri rispetto all’Italia», analizza Gschwenter, offrendo implicitamente anche la sua visione poco lusinghiera sulla politica economica del governo italiano e sulla situazione finanziaria dell’Italia.
In un servizio giornalistico mandato in onda un paio di giorni dopo dalla Rai nel corso del telegiornale regionale del Trentino Alto Adige, si apprende anche che dal 2009 l’aumento di acquisti di immobili nel Tirolo austriaco è quantificabile attorno al 20% annuo. Non solo per l’intervento sul mercato di acquirenti altoatesini – spiegava un addetto del settore – ma certamente anche grazie ad esso, che non può essere considerato una tendenza marginale.
Considerando che in Italia, ma ancora di più nel Trentino Alto Adige-Südtirol, la casa in proprietà è un valore storicamente fondamentale, che dà il segno di un radicamento sul territorio, questa notizia può essere letta come la cartina di tornasole di un atteggiamento della società civile. Che – oltreché agli strumenti politici – si aggrappa alle proprie capacità economiche per cavalcare e irrobustire – magari in maniera strisciante – l’onda di una tendenza che in Alto Adige Südtirol non si è mai sopita: la voglia di non avere nulla a che fare con lo stato italiano e di ricongiungersi all’Austria.
In questa fase di crisi economica, con lo strappo geopolitico che in Europa si sta evidenziando tra una parte di Stati dai conti macroeconomici ‘virtuosi’ – geograficamente collocata a Nord – e una che arranca – situata a Sud –, i privati cittadini diventano attori principali. E si attivano con gli strumenti a loro disposizione (il mercato immobiliare, in questo caso) per oltrepassare quello che ritengono un confine indigesto. Tanto più oggi: quella linea separa formalmente l’Italia dall’Austria ma rappresenta anche una rinnovata Linea Maginot tra Nord e Sud dell’Europa. Varcare il confine del Brennero e collocarsi nell’area germanofona significa essere Nord Europa, nocciolo duro. Ma soprattutto significa non far parte di uno di quei paesi del Sud etichettati con l’acronimo PIGS che non lascia spazi di interpretazione.
La spinta da destra
L’intervista del vicepresidente tirolese Gschwenter va collocata nel contesto storico e geopolitico altoatesino. In vista delle prossime elezioni regionali del Trentino Alto Adige-Südtirol programmate per il 2013, da qualche mese Eva Klotz e i suoi della Südtiroler Freiheit intendono proporre un referendum sull’autodeterminazione dell’Alto Adige. E per rendere più credibile la minaccia che tale referendum potrebbe anche portare ad un risultato separatista, la Klotz sbandiera un recente esempio pilota: sulla base dell’esperienza catalana (con cui i Freiheit hanno stretto un gemellaggio) a Valle Aurina, un paese di circa 6000 abitanti a poca distanza dal confine austriaco, un test di tale referendum fece realizzare tra coloro che votarono (poco più del 30%) un quasi plebiscito per l’opzione di distacco dall’Italia (95,24%).
Non solo. I tesserati del partito di Eva Klotz dal 2011 sono lievitati, arrivando a triplicarsi rispetto al 2008 facendo gongolare la leader separatista. Ma se, da quasi quarant’anni, linea politica, parole d’ordine e addirittura il look della Klotz non sono mai cambiati, cosa può aver portato improvvisamente a questa impennata di consensi? La risposta più plausibile non può che essere ricercata nel contesto economico e politico in cui sono immersi i motti di separatismo dall’Italia.
Eva Klotz, detta anche ‘la Pasionaria’, ha iniziato a fare politica a metà degli anni Settanta sulla base delle idee del padre Georg che negli anni Sessanta faceva parte di un gruppo combattente per la indipendenza dell’Alto Adige-Südtirol. Da allora le vanno senz’altro riconosciuti il merito di essere rimasta sempre coerente con la sua posizione di base: il Sudtirolo non è Italia. Principio chiaro, limpido, che fa da corollario alla richiesta di autodeterminazione dell’Alto Adige-Südtirol e alla conseguente opzione geopolitica di annessione di tale provincia all’Austria. Per asservire meglio tale ideale, Eva Klotz ha abbandonato la Südtiroler Heimatbund, dove aveva mosso i primi passi politici, e ha dato vita all’Union für Südtirol e poi, nel 2007, alla Südtiroler Freiheit.
La coerenza che non le ha fatto difetto l’ha portata d’altra parte a non rinnovare mai la sua offerta politica. Anche di fronte ad uno Statuto speciale che ha garantito all’Alto Adige-Südtirol risorse economiche e normative per passare da uno stato da terzo mondo a un modello di efficienza e di benessere, La Klotz e i suoi fedelissimi non hanno mutato di un grado la rotta delle loro battaglie politiche, sempre infarcite dei medesimi slogan intransigenti («Il Südtirol può rinunciare all’Italia») ancora oggi spesso veicolati con l’aiuto di un appariscente abbigliamento tirolese e la lunga coda intrecciata cui Eva Klotz non rinuncia da lustri.
Il rinnovato vigore con cui oggi il suo richiamo pare fare breccia in alcune frange della società altoatesina va dunque letto come la risposta ad una percezione sempre meno fiduciosa nella classe politica italiana, nella sua capacità di far fronte alla crisi economica. E come attestato di merito per non aver mai avuto niente a che fare con i suoi interpreti 'romani' (e nemmeno trentini). Riconoscimento di cui non può fregiarsi la Südtiroler Volkspartei (Svp), con la sua politica della mediazione perpetua sulla base dell’accettazione dello Statuto di Autonomia. Anzi, fu proprio quello lo scoglio contro il quale sbatté l’amicizia politica di Eva Klotz con i vertici della Svp. Scoglio che rimane ancora lì, impassibile ai mutamenti e alle turbolenze. Oggi forse ancora più sporgente e acuminato.
Combattere la crisi, tagli anche alle autonomie
Preso atto che per fronteggiare la crisi economica il governo italiano ha scelto senza tentennamenti la via dei tagli alla spesa pubblica, anche le autonomie speciali tremano. In particolare trema la Volkspartei, che in tale situazione non può mettere sul banco della trattativa dei voti decisivi per la sopravvivenza del governo. Proprio in conseguenza dell’attuale congiuntura, il governo di Mario Monti gode di un sostegno partitico ampio e non abbisogna di scambi. Così tutta la partita dell’Autonomia speciale e la campagna elettorale alle imminenti elezioni regionali necessitano altre strategie.
Di fronte al fioretto con cui la Svp parla agli elettori di senso di responsabilità e li tranquillizza sull’integrità giuridica ed economica dello Statuto di autonomia minacciando Roma di ricorso internazionale se questo dovesse essere disatteso, i Südtiroler Freihaeit brandiscono sempre più energicamente la scimitarra della secessione. Come è facile intendere, due prospettive diverse, con differente lessico e appeal. Cogliere al volo il significato della seconda è senz’altro più immediato che apprezzare le sfumature politiche della prima strada. Per rafforzare la presenza, il senso del messaggio, la capacità compenetrativa nel tessuto giovanile, la Klotz sta anche proponendo da un paio di anni un diario scolastico che celebra i combattenti per la libertà e che riunisce sotto la stessa etichetta Sepp Kerschbaumer (bombarolo sudtirolese degli anni Sessanta), Che Guevara e Nelson Mandela. Alla presentazione dell’edizione 2012/13, il consigliere provinciale dei Freiheit Sven Knoll ha spiegato: «Vogliamo preparare i giovani a farsi forza del diritto al plebiscito per i sudtirolesi e ad un futuro senza l’Italia».
Un altolà da Innsbruck
Ma se l’articolo da cui siamo partiti sul mercato immobiliare, dice che una fetta di cittadini altoatesini sta cercando di creare le basi per un ricongiungimento di parte della società civile altoatesina con il Tirolo del Nord, sottoforma di acquisti di case ed eventuale migrazione, dice anche molto altro. Nel prosieguo dell’intervista, il vicepresidente del Tirolo Gschwenter spiega che tale costume sta facendo aumentare i prezzi delle abitazioni anche in Tirolo, con evidente danno per gli autoctoni. Così – aggiunge – «saranno studiate delle misure per disincentivare l’acquisto di immobili da parte di cittadini non austriaci». Il discorso è chiaro: gli altoatesini se ne restino in Italia.
In realtà una prospettiva di questo genere covava già da tempo sotto le ceneri. Molti oppositori all’ipotesi secessionistica sostenevano che Vienna non avesse alcun interesse ad annettersi l’Alto Adige-Südtirol. Ora però, queste parole rendono il concetto cristallino. Talmente cristallino che il presidente della provincia di Bolzano, Durnwalder, in una recente intervista, a precisa domanda sull’autodeterminazione, ha risposto: «Non siamo sicuri che l'Austria ci voglia. Se questo sarà il tema elettorale di alcune forze politiche per la provinciale del 2013 (alle quali Durnwalder non si presenterà), metto subito in guardia dalle false promesse che non potranno mai essere accolte».
La posizione tirolese pare comunque chiara. E rafforza le teorie sul ritorno alle piccole patrie che non accettano di essere annacquate da qualcuno che ritengono essere meno virtuoso dal punto di vista economico. Tra il Sud del Tirolo (italiano) e il Nord (Austriaco) si può così leggere in scala ridotta il paradigma della separazione sempre più marcata tra Europa meridionale ed Europa Settentrionale.
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NOTE
1. Il senso dell’intervista è stato riportato anche dal quotidiano Alto Adige il 14 agosto in un articolo intitolato: «I risparmiatori altoatesini comprano casa in Austria».
2. A titolo di esempio, su tale frattura si può leggere l’articolo del professor Nicholas Sambanis pubblicato il 26 agosto sul New York Times, col titolo «Has ‘Europe’ Failed?». L’analista di Yale sostiene infatti che sia in atto un ritorno sempre più marcato delle identità etniche, una divisione tra nord e sud con tanto di stigmatizzazione delle differenze attraverso il ricorso ai più triti stereotipi. «Questo è un modello comune nei conflitti etnici di tutto il mondo – scrive –, ed è molto evidente oggi in Europa». Il concetto è stato ribadito, in versione più politica che analitica, anche dal presidente del consiglio italiano Mario Monti: «La “contrapposizione tra Paesi del Nord e del Sud dell’Europa” fa “riemergere vecchi stereotipi e vecchie tensioni”». (La Repubblica, 8 settembre 2012).
3. PIGS è l’acronimo di Portogallo, Italia, Grecia, Spagna. Visto il preciso ordine con cui è stato stilato l’elenco, il risultato grafico che ne scaturisce è il termine pigs che in inglese significa porci.
4. Lo ricorda il quotidiano online L’Indipendenza il 17 maggio 2012.
5. «Andiamo fortissimo tra i ragazzi, che distinguono tra la politica fatta per il potere e un movimento che mette al centro un ideale, la libertà, l’autodeterminazione», ha detto la Klotz (Alto Adige, 5 giugno 2011).
6. Il nome le fu affibbiato perché si presentava nelle occasioni ufficiali indossando il Dirndl tipico tirolese.
7. Partecipò a numerosi attentati dinamitardi e alla Notte dei fuochi, per questo fu condannato (sentenza definitiva) dal Tribunale di Milano.
8. Sto usando le parole del presidente della Provincia di Bolzano Luis Durnwalder: «Nei primi anni Sessanta, noi sudtirolesi eravamo come l’Uganda. Non avevamo niente di niente. Solo con l’autonomia siamo diventati una provincia ad alto tenore di vita [… ]» ha dichiarato il politico al sottoscritto (Limes 31.12.2010 “Lingua è potere” ).
9. Per tale slogan, in un manifesto accostato ad una scopa che spazza via la bandiera italiana, è stata anche accusata di vilipendio. Lo scorso 5 settembre ha contestato pubblicamente il “Grande ordine al merito” concessa dalla Provincia di Bolzano al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano: «Non si comprende – ha detto – perché la Provincia di Bolzano dia un’onorificenza al massimo rappresentante di uno Stato che ogni giorno calpesta i nostri diritti di minoranza. Napolitano non ha concesso la grazia ai nostri ex combattenti e non si è battuto per la nostra autonomia» (Ansa, 5 set. 2012).
10. È anche la tesi della stessa Klotz che in una recente intervista al quotidiano online Lettera 43 (18 luglio 2012) giudica «senza futuro» l’Italia e lo stesso Südtirol se rimane con l’Italia.
Maurilio Barozzi in “LiMes. Rivista Italiana di Geopolitica” Quaderno speciale 4 n. 3 2012 Nord contro Sud. Il Muro d'Europa. Pp. 173-177.
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