Il 9 luglio 2003 esce il mio primo romanzo “Spagna”.
Come cronista, già da un po’ mi imbattevo sempre più spesso nella difficoltà di stabilire confini netti tra i fatti e come questi erano percepiti. Per dire: anche un incidente stradale diventava molto differente nella sua dinamica a seconda dei testimoni che intervistavamo.
Nel luglio del 1999 ero con degli amici a Pamplona per la Fiesta di S. Firmino e in un bar del centro, il Café Iruña, conobbi una ragazza - Maria - che lì sembrava di casa, dato che abbozzava passi di flamenco coinvolgendo gli azzimati camerieri. Chiacchierammo un po’ al bancone e mi diede appuntamento al giorno seguente. Lei però non si presentò. Allora i telefonini non erano per tutti e io non sapevo come rintracciarla. Tornai per vari giorni all’Iruña, sempre alla stessa ora del tardo pomeriggio, però di lei non ci fu più alcuna traccia. Domandai a un cameriere, ma lui disse di non ricordarsi e di non conoscere nessuna Maria. “Balliamo con tante persone” sorrise quando gli ricordai il flamenco.
Così iniziai a essere aggredito dal tarlo del dubbio che quell’incontro fosse il frutto degli effluvi della sangria. Chiesi anche ad Andrea, uno degli amici con cui ero a Pamplona. Lui rispose solo: “Ah sì, mi sembra di ricordare che parlavi con una ragazza”. Ma non fu definitivo. Ancora una volta realtà e immaginazione si stavano sovrapponendo.
Spagna nasce da quell’incontro all’Iruña. Ammesso che ci sia stato davvero.
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