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LE PAROLE DI RULA E LE SCALE DI SANREMO - Anatomia di un successo (5/2/2020)

Aggiornamento: 16 ago 2023


Le parole di Rula Jebreal alla prima serata del Festival di Sanremo 2020 hanno ottenuto un successo mediatico travolgente. Innanzitutto per il messaggio che contenevano e per le esortazioni che la giornalista ha pronunciato con grande trasporto e partecipazione. Tuttavia non è la prima volta che questi concetti sacrosanti – la denuncia alla violenza sulle donne – vengono espressi in tv. Eppure stavolta hanno frantumato la campana di vetro che sembrava attutirne la potenza del significato.

Perché?

Si dirà: perché le ha pronunciate a Sanremo davanti a milioni e milioni di telespettatori. È vero, ma non basta. Se fosse entrata, avesse parlato e fosse andata via, l'effetto sarebbe stato forte, non deflagrante. Per questo sono state necessarie le mani degli autori del Festival. Che hanno preparato il terreno con raffinata sapienza fin dai primi minuti della serata. Vediamo come, isolando tre mosse.

A fare il primo passo – in narrativa, perché di questo si tratta, si chiama 'semina' – è stata Diletta Leotta che, con umiltà, si è prestata ad un ruolo preparatorio. Ha percorso la scalinata dell'Ariston con un abito lungo e, una volta giunta in fondo, ha proclamato come una bambolina di aver disceso 15 scalini. «Lo dico per le colleghe», ha precisato. È evidente che sottendeva qualcosa di più: tutte loro hanno fatto decine e decine di prove e sapevano benissimo quanti sono i gradini. Lei voleva far scattare un allarme nella testa di noi spettatori, voleva cominciare a porre la nostra attenzione sulle scale, sul loro significato metaforico. E voleva prepararci al fatto che tale concetto sarebbe tornato.

Il Festival di Sanremo è un appuntamento nazional-popolare e gli autori sanno benissimo che devono insistere: non tutti hanno occhi e orecchi allenati al sottotesto. Poi magari qualcuno era a bere un bicchier d'acqua, dunque hanno proseguito con le semine per renderle più evidenti. Così Amadeus, il conduttore, prima ha presentato Rula Jebreal elencando tutti i suoi successi professionali, dunque è tornato a evocare le scale: «Di tutte le scale che hai percorso in vita, quali sono state le più importanti?» le ha domandato. A questo punto la metafora della scalinata è a prova di cretino: rappresenta l'ascensore sociale, evoca il percorso che porta al successo (Stairway to Heaven, cantavano i Led Zeppelin) e tutti l'abbiamo capito. Così Amadeus ha ribadito che Rula è donna affermata, avvezza a percorrere le scalinate di grandi giornali ma anche dell'Eliseo in qualità di consigliera di Emmanuel Macron, presidente francese. E l'ha chiamata a sceglierne una, la migliore, quella che per lei è stata la più significativa.

Rula che fa? Sceglie l'Eliseo? Troppo scontato. Qui c'è la terza mossa narrativa degli autori. Un primo punto di svolta che prepara al grande climax del monologo. Con mossa straniante, a sorpresa, la giornalista dice: «Le scale più importanti sono state quelle dell'aereo che a vent'anni mi ha portato in Italia». Qui il sottotesto è evidente: ero una ragazza immigrata e in Italia, grazie al mio talento ma anche al vostro aiuto, alla vostra ospitalità e alla vostra amicizia, sono riuscita a diventare chi sono ora (a percorrere tutte quelle scalinate). Applausi a scena aperta. Ma soprattutto ormai i recettori di milioni di telespettatori sono stati sollecitati a sufficienza e sono pronti ad ascoltare ciò che avrà da dirci questa donna – in certo senso una di noi – brava, riconoscente e artefice del proprio successo.

Il monologo, bello, intenso e coraggioso, ha fatto il resto.

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