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Macerie brasiliane (dalla mia pagina FB Caro Brasile)



(18 giugno 2020) In questi giorni di pandemia ripenso spesso al mio periodo brasiliano. Erano gli anni della guida illuminata di Lula e Dilma che hanno portato il Brasile ad essere considerato - oltre che bello, allegro, creativo, musicale - una potenza economica. Erano gli anni ruggenti dei BRIC (Brasile, Russia, India, Cina). L’establishment brasiliano seppe aggiudicarsi l’organizzazione del mondiale di calcio 2014 e le Olimpiadi del 2016. La moneta locale, il real, era apprezzata (1:2,5 con l’euro) e davvero tutto sembrava indicare la via del successo.

Invece no.

Lula e Dilma si lasciarono travolgere dall’onda pigra dell’ottimismo, mostrando il loro lato debole: la permeabilità alle tentazioni. Nei quadri di potere si fecero strada bellimbusti corrotti e, soprattutto, ogni idea di sviluppo ricalcava, copiandole, le ricette del cosiddetto primo mondo. Fu l’inizio della fine. Che spinse il Brasile nelle mortifere braccia di Bolsonaro.

L’attuale presidente - inflessibile e arrogante come tutti gli insipienti - anziché risollevarlo sta infatti uccidendo il Paese. Sia economicamente (basti dire che il real è sceso fino a 1:6 sull’euro) che fisicamente, lasciandolo devastare dal Covid.

Provo molta rabbia ma non sono deluso da Bolsonaro, da cui non mi aspettavo niente, perché niente aveva mai dimostrato e la sua campagna elettorale è stata da subito gretta e illiberale. Sono invece ancora deluso da Lula e Dilma. In loro avevo creduto, ma hanno avuto la colpa di aprire le porte sbagliate, dando infine via libera a un pifferaio che fa precipitare nel burrone l’intero Brasile. E lascerà solo macerie.

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