Assuefatti da certa retorica politica, dovremmo accettare l’idea che tutto sia semplice e quanto ci accade dipende esclusivamente da noi. Così, chi non ha un lavoro è un “fannullone” e se non migra per cercarne uno è un “divanista”. Certo, ci sono pure i fannulloni e i divanisti, ma la brutalità e semplicità di tale messaggio è offensiva e presuppone l’incapacità di leggere una realtà molto più articolata di come ci viene descritta da tali beceri slogan.
Viceversa, uno spaccato di tale complessità ci è dato dal romanzo di Philipp Meyer “Ruggine americana”. Un romanzo che entra nel cuore delle scelte cruciali che aprono differenti squarci sul futuro e che sono condizionate dal contesto in cui viviamo e, talvolta, anche dal caso. Posso davvero lasciare tutto e andarmene a cercare un futuro migliore? Meyer ci racconta l’angoscia di determinate decisioni e le pastoie con cui ci influenza il nostro passato.
La vicenda si svolge a Buell, Contea di Fayette, Pennsylvania, un tempo «il centro della produzione siderurgica del paese» ridotto da «centocinquantamila licenziamenti» a un agglomerato anonimo, pieno di gente che sbarca il lunario alla bisogna. Quando il giovane Isaac decide di andarsene in California per costruirsi un futuro deve però fare i conti con il presente di quella zona: riparatosi dalla pioggia con il suo amico Poe in un’officina dismessa, i ragazzi s’imbattono in tre balordi che vogliono violentare Poe. Per difenderlo, Isaac ne uccide uno lanciandogli in testa un cuscinetto a sfera. Così la vita sua, quella di Poe - che lascia il giubbotto sul luogo del delitto e dunque è il primo sospettato dell’omicidio - e in certo senso anche quella di Harris, il poliziotto che indaga sul caso, saranno precipitate in una spirale da cui uscire diventa difficile, se non a prezzo molto caro: Poe può denunciare Isaac, che lo ha salvato? Isaac può andarsene o dovrebbe costituirsi sapendo che difficilmente potrà dimostrare la legittima difesa? E Harris, che comprende la situazione, deve fare il suo dovere e arrestare i ragazzi o lasciare che tutto scorra, in una sorta di giustizia divina?
Philipp Meyer, “Ruggine americana”, Einaudi 2014.
(L'Adige 7/8/2023)
Maurilio Barozzi
LA BIBLIOTECA DI BABELE
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